La Val Casies
Parto fiera e battagliera a cavallo del mio fiammante destriero di carbonio da strada, dall’Hotel Orso Grigio di San Candido alla volta della famosa Val Casies.
Imbocco la ciclabile che conduce da San Candido a Dobbiaco, e poi a Monguelfo, delizioso paese all’inizio della valle, l’ultimo in pianura. La strada è dolce e facile, completamente pianeggiante, costeggia il fiume e la strada automobilistica, e quindi è un po’ più civilizzata e abitata. Si snoda attraverso prati e pascoli, si incontrano ciclisti di tutte le tipologie, moltissimi “assistiti”, la maggior parte da montagna. Il manto stradale è ottimo, la luce, al solito, spettacolare, ma questo non fa più notizia. Arrivo a Dobbiaco e trovare la strada per Monguelfo, è abbastanza facile persino per me che sono super-imbranata. Da lì ci vuole un’altra mezzoretta di pedalata facile e mi ritrovo all’inizio della valle in un gioiello di paese di nome Monguelfo-Tesido, un luogo di lunga, lunghissima storia, con tanto di castello medievale a testimoniarlo.
La ciclabile segue l’omonimo ruscello di montagna il Tesido, che parte pianeggiando e poi comincia a inerpicarsi pian piano ma costantemente, mentre la natura prende il sopravvento e diventa sempre più selvaggia, bucolica, incontaminata: prati di fiori spontanei di ogni colore e sfumatura, abeti e abeti rossi, colli e sentieri, e case, poche, così sparpagliate e casuali nella loro disposizione che sembrano spontanee come I fiori, cresciute lì per caso, e lì rimaste, con il loro legni anneriti dal sole e dalla neve, I loro terrazzi, affacciati sulla valle.
La pista ciclabile diventa sentiero, ma io non mollo, a malincuore rimpiangendo la ben più adatta mountain bike, proseguo inerpicandomi a fatica, con la mia bella che sembra una signorina di città portata in campagna per scherzo e sembra dire “cosa ci faccio qui?” a ogni giro di ruota. Fino a che mi arrendo e scendo, decisa a proseguire, attirata da quello spettacolo come dal pifferaio magico e determinata ad andare a vedere cosa c’è di meraviglioso oltre la montagna che ho di fronte, sulla quale si staglia come un lasciapassare severo soltanto un sentierino sassoso, che richiederebbe ahimè ben altre ruote.
Poco dopo, mi arrendo, e torno sui miei passi per prendere la strada normale, giurando a me stessa di tornarci armata di mezzo più consono.
La strada statale, che taglia in due una valle larga e ospitale, ma altrettanto bella e soleggiata, toccando uno ad uno deliziosi paesini montani: Colle di Tesidio, Planca di Sotto, Planca di Sopra, San Martino, Santa Maddalena, è una delizia, ma è percorsa da troppe macchine troppo veloci e quindi necessita di un occhio in più alla sicurezza e non si può abbandonare completamente e immergere nell’ammirazione dei paesaggi circostanti.
Rientro quindi prontamente nella ciclabile di ritorno e mi godo il rientro in discesa, lungo il fiume, con l’aria profumata che mi scorta verso l’albergo, rendendo il ritorno ancor più indimenticabile.