FUGA IN BICI DA CORSA NELLE TERRE DEI BORBONI

Un bel giro sui Monti Aurunci, nel basso Lazio verso Gaeta!

distanza: 87 km
superficie: strada provinciale asfaltata
dislivello: 1354m
inizio: Stazione di Isoletta / San Giovanni Incarico
fine: Stazione di Monte San Biagio

TRACCIA GPX

 

Ogni strada porta con sé una sua scia di sapori e odori, un insieme di sensazioni unico e irripetibile e legato indissolubilmente alla storia dei luoghi attraversati.

E di storia, sapori e odori il Sud ne ha tanti: sono acri e vitali, ti entrano dentro mentre ti alzi sui pedali e cerchi di vincere quella pendenza inaspettata, tra l’infastidito e il divertito che quelle montagne se ne stiano lì vicino al mare con tanta fierezza.

Là dove la morsa dello Stato Pontificio si allenta, iniziano le terre dei briganti e dei Borboni. E poco importa se questi confini politici sono caduti più d’un secolo fa, perché i confini culturali restano pressoché immutati, lo vedi dai panni stesi alle finestre tanto quanto dall’architettura padronale delle case nei campi. I Monti Aurunci segnano la fine del Lazio e l’approssimarsi delle terre campane, e si presentano come un ammasso di rilievi battuti dal sole e lambiti dalle brezze tirreniche, ricchi di strade panoramiche poco frequentate dal traffico a motore. In altre parole, il terreno di allenamento ideale per delle sgambate in bici da corsa, adatto sia a scalate di una certa vivacità, sia a vertiginose discese aeree sullo sfondo azzurro del mare, sia a scatti di pianura nei pressi del Lago di Fondi.

 

La partenza del nostro itinerario è prevista dalla stazione ferroviaria di Isoletta / San Giovanni Incarico: un minuscolo posto di scambio, quasi una fermata a richiesta, lungo la linea Roma/Cassino. Da qui costeggiamo e attraversiamo il fiume Liri, per accompagnarlo nel suo viaggio verso il mare.

Paesi silenziosi dove il bar dello sport è il punto di riferimento sociale, e le notizie locali vengono affisse fuori all’ingresso. Man mano che procediamo verso l’interno degli Aurunci, le colline si fanno progressivamente più aspre e ispide. Strade semideserte, bovini al pascolo brado.

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Oltrepassiamo così Pico e poi Campodimele, dove abbiamo lo scollinamento. Il verde dei boschi del basso Lazio affoga ogni cosa nel panorama.

Esaltante la discesa verso Itri, paese sul fondo di una conca percorsa dall’Appia, il cui monumentale castello evoca scenari ancestrali e leggende sinistre; una delle storie più curiose riguarda la torre cilindrica, o torre  “del Coccodrillo”: pare che un tempo vi fosse un fossato, dimora di un alligatore che divorava i condannati a morte che gli venivano gettati, e da qui innumerevoli dicerie su fantasmi e presenze infestanti.

Nel 1534, invece, il pirata Ariedano Barbarossa attaccò Itri per rapire la bella Giulia Gonzaga, una delle donne più celebrate del Rinascimento, e offrirla al suo padrone, il sultano Solimano II; secondo la leggenda, Giulia si nascose prima presso il castello di Itri, poi nel Santuario della Madonna della Civita. Ma il Barbarossa, convinto che si nascondesse nel convento delle Benedettine a San Martino in Pagnano, fece strage delle monache e rase al suolo il luogo. Altra figura legata al castello è Ippolito de’ Medici, probabilmente amante di Giulia Gonzaga, che morì avvelenato proprio durante una di queste visite.


Ma è tempo di rimettersi in marcia, superare il corso dell’Appia, i cui cartelli ci avvertono che in questo punto è più o meno equidistante tra Roma e Napoli, e affrontare l’ultimo strappo prima del mare. Salita più breve, ma più intensa. Qualche tornante e il vento mediterraneo ci dà il benvenuto in un altro angolo di Aurunci: colline segnate dalla serpentina delle strade e da una vegetazione bassa, abituata a resistere a sferzate di vento, e la prepotenza intensa del blu davanti a noi.

La discesa regala nuove emozioni: nelle giornate limpide possiamo godere della vista delle isole pontine, Ponza, Zannone, Ventotene e Palmarola, e di quella che un tempo era un’isola, il Circeo: in effetti, la panoramica sul promontorio ci regala il suo profilo separato dal resto della terraferma, come a simulare quello che è stato il suo passato. Ancora qualche curva vertiginosa e sotto di noi appaiono i resti della meravigliosa Villa di Tiberio, e accanto ad essa dei punti bianchi accatastati l’uno sull’altro, ovvero le case di Sperlonga.

Il resto della tappa è tutto pianura, salsedine e rettilinei, seguendo il corso della via Flacca fino a Terracina (magari per una buona mangiata di pesce fresco? Da queste parti esistono varie cooperative di pescatori che vendono il loro pescato di giornata, eliminando gli intermediari della filiera) e riprendendo il treno per Roma dalla stazione di Monte San Biagio, antico confine e dogana tra Stato Pontificio e Regno di Napoli.

Reportage Claudio Mancini

 

Claudio Mancini: Cicloturista per vocazione, ciclista urbano per necessità, sono felice del fatto che dove finiscano le mie zampe inizi sempre un paio di pedali. In sella a bici scassate ho attraversato l'Europa e valicato passi montani, e finora sono sempre tornato a casa. Mi piace scoprire in modo grottesco e poetico i posti che attraverso, dall'alto dei 20 km orari. Adoro il cibo locale e l'aggettivo "casareccio", le strade provinciali e i passaggi a livello. Scrivo diari di viaggio per ricordarmi per quali luoghi sono passato (www.abbondantiedozzinali.it).