Granfondo: ecco come migliorare i punti deboli

Granfondo e gare sono il sale del ciclismo amatoriale. Ne abbiamo parlato qui, dove abbiamo dato spazio alle manifestazioni più famose e alla loro collocazione in calendario.

Nove Colli, Maratona delle Dolomiti, Granfondo Stelvio Santini e Strade Bianche sono gli eventi più famosi in questo senso. Chi vi ha già partecipato sa bene di cosa parliamo, ma sappiamo che tra gli amanti della bicicletta (e ancor di più tra quelli che si sono avvicinati da poco alle due ruote sportive) c’è spesso un misto di emozione e di paura ad avvicinarsi agli eventi ciclosportivi “di massa” come sono questi.

Pedalare tutti assieme, in eventi che spesso prevedono una classifica, non è cosa semplice per i più: stare a ruota, stare nella “pancia” del gruppo che procede in velocità oppure adeguare la propria andatura a quella altrui sono concetti poco familiari per chi al ciclismo su strada si è avvicinato da poco.

Ecco allora, gli aspetti cui più bisogna badare nell’approccio alle granfondo, proprio quelli che causano naturali preoccupazioni per il neofita. Parlarne nel dettaglio servirà a superare le paure.

Partenze a freddo

Alle granfondo si parte tutti assieme e si parte veloci: impossibile negarlo. A volte i primi chilometri sono uno shock anche per i più allenati: la necessità è partire “a tutta”, spesso senza aver neanche avuto la possibilità di riscaldarsi, perché prima del via si è obbligati a rimanere immobili nella “griglia”, ovvero l’area destinata al posizionamento dei partecipanti prima del via.

Le partenze a freddo sono una dura rasoiata per i muscoli, per il cuore si tratta di uno stress inaspettato; infine, per le nostre scorte energetiche partire “a tutta” equivale a un dispendio energetico notevolissimo.

Le partenze veloci delle granfondo sono un dato di fatto: non per caso tra i più esperti ed allenati c’è chi effettua sedute specifiche che riproducono proprio la situazione della partenza a freddo.

Altra soluzione per ovviare il problema è esercitare la resistenza del fisico agli sforzi brevi ma intensi, ma siccome in questa occasione intendiamo dare più avvertimenti pratici piuttosto che parlare di allenamento, il consiglio che diamo è un altro: individuare una ruota giusta da seguire e non farsi condizionare troppo dai mille scatti che si susseguono in gruppo nella fase, “caldissima”, dei primi chilometri.

Stare a ruota

Già, “stare a ruota”: facile a dirsi, più difficile a farsi per chi della bicicletta da corsa non è un esperto. Stare a ruota è essenziale se si vuole correre una granfondo non tanto per arrivare primo (questi non hanno bisogno dei nostri consigli), ma per disputarla al meglio delle proprie possibilità per divertirsi ingaggiando anche giochi tattici con i compagni di avventura di quella giornata.

Per stare a ruota è essenziale un’andatura costante, senza “strappi”: questo si ottiene con una pedalata regolare, ovvero che mantenga una cadenza pressoché costante.

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Inoltre, stare a ruota impone competenza, necessaria non solo per essere “coperti” dal vento e andar via più veloci, ma anche per capire che la ruota che stiamo seguendo è quella di un esperto, dietro al quale si può rimanere senza rischiare.

“Ruote” di ciclisti con andature altalenanti, o peggio che zigzagano pericolosamente a destra e sinistra, saranno assolutamente da evitare.

Quelle pericolose variazioni di ritmo

Nelle granfondo la cosiddetta “variazione di ritmo” è spesso ciò che fa la differenza tra un buon fondista e un fondista vincente. Anche in questo caso, si tratta di una qualità da allenare col tempo.

Produrre, e poi saper reggere, l’accelerazione di una variazione di ritmo significa avere parecchi watt nelle gambe. Traditi dalla freschezza muscolare dei chilometri iniziali, il via di una granfondo può indurre il fondista inesperto a scattare, a mettersi in evidenza con una accelerazione repentina.

Ma se il nostro livello di esperienza non è da veterano, cerchiamo di conservare quelle energie, e spenderle al massimo per reagire alla variazione di ritmo altrui, non per operarla noi. Il prezzo che si paga, con i “fuorigiri” esagerati, sarà carissimo nel proseguo della gara.

Reggere le alte velocità

Le velocità medie delle granfondo sono spesso altissime, e se questo accade è più che altro perché il gran numero di partecipanti creano grupponi che in pianura viaggiano ai 50 chilometri orari fissi. Perdere le ruote in situazioni simili significa creare un “buco” – ovvero un distacco dai primi – impossibile da tappare.

In questi casi, alla competenza tecnica dello stare a ruota si aggiunge la capacità fisica di saper reggere la velocità ad alte frequenze di pedalata: questa è una qualità che si migliora lentamente col tempo e che ha bisogno di quella prontezza ed elasticità muscolare che il neofita delle granfondo difficilmente ha. Occorre gareggiare parecchio o, come minimo, acquisire quella destrezza con uscite di gruppo in allenamento o con sedute di dietro motore. Oltre a questo serve anche pazienza, evitando in gara di demordere non appena si “perdono” le ruote.

Allenarsi dove si è carenti

Uno dei segreti per migliorare il rendimento alle granfondo, e in genere per migliorare la condizione atletica, è andarsi ad allenare proprio in quelle situazioni e condizioni che ci riescono meno, per le quali si è meno portati. Quel che succede, invece, che lo scalatore tende sempre a scegliere percorsi di salita per migliorare la propria condizione; sul fronte opposto chi è passista si eserciterà preferibilmente in salita. In questo modo, in gara, i primi continueranno a partire le proprie lacune in pianura, mentre i secondi soffriranno i tratti in cui la strada pende all’insù.

Migliorare il proprio stato di forma impone invece di insistere proprio sulle situazioni e sulle qualità atletiche che ci riescono meno, ricercando in questo modo anche quella alternanza degli stimoli allenanti che è anche la migliore strada per evitare la monotonia di allenamenti tutti uguali e ripetitivi.

La gara come allenamento

“Non c’è allenamento migliore che la gara”, si sente dire spesso: sì, è verissimo, ed è la stessa scienza dell’allenamento a considerare le competizioni come ottimo strumento allenante nel periodo di preparazione specifica. Ma questo riguarda più che altro i professionisti, non certo i praticanti di livello amatoriale, e tanto meno i neofiti.

È assolutamente sbagliato sostituire gli allenamenti con la competizione, come invece parecchi cicloamatori a corto di tempo per gli allenamenti si ostinano a fare.

Maurizio Coccia: Ex agonista, prima della mountain bike, poi della bicicletta da corsa, tuttora pedalatore incallito, soprattutto su asfalto. Ha scritto per oltre quindici anni sulle storiche riviste “La Bicicletta” e “ Bici da Montagna". Si occupa di informazione su riviste specializzate di biciclette e portali on-line, soprattutto di tecnica e di nuovi prodotti.