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La storia
Eroi … Ero convinto che i corridori in bicicletta di inizio del secolo scorso, fossero degli eroi. Mezzi pesanti e scomodi, abbigliamento che anziché aiutare il ciclista, lo penalizzava. Strade che ora non sono neppure segnate come sentieri. Chi affrontava le prime gare di ciclismo, si cimentava con tutto questo. Nel 1907, anno della prima Milano – Sanremo, con quei mezzi, partirono in 33 da Milano, arrivarono in 14, e il primo impiegò 11 ore 4 minuti e 15 secondi, di vera sofferenza. Così quando ho incrociato la Milano Sanremo – Gran Corsa di Primavera, l’idea di provare a capire cosa provassero, mi ha subito affascinato, e ora lo dico con cognizione di causa: erano eroi!
Ma ripercorriamo tutto con calma … Cos’è la Gran Corsa? E’ una tre giorni in bicicletta, con mezzi costruiti prima del 1930, quindi senza cambio, che ripercorre, in tre giorni, il percorso originale delle prime Milano Sanremo.
Le tappe
Le tappe sono: Milano – Tortona, Tortona – Finale Ligure e Finale Ligure – Sanremo.
Purtroppo il primo giorno non sono riuscito ad aggregarmi al gruppo, sono riuscito a raggiungere i miei compagni di follia alla sera per cena. Malgrado gli oltre 100 km nelle gambe le facce erano distese, sorridenti. Della stanchezza nessuna traccia, solo il piacere di raccontare quanto visto e provato durante la giornata spingendo sui pedali.
I partecipanti arrivano da mezza Europa: Inghilterra, Belgio, Francia, Germania, Olanda e naturalmente Italia, con una punta di sud America, essendoci una ragazza brasiliana. Tante nazionalità la dicono lunga sulla fama della nostra “classicissima” nel mondo.
Girardengo
Il secondo giorno inizia presto, alle 8 tutti pronti a pedalare, anche per scaldarci un po’, visto che la temperatura è di 3 gradi. Faccio conoscenza con la mia bicicletta: una bellissima Gerad costruita a Parigi nel 1928, ma curata e restaurata da Giovanni Nencini (figlio di Gastone) di BikesRetrò a Calenzano.
Si parte dunque, per questi due giorni di ciclismo storico. E poco dopo, ecco la prima veloce tappa nella storia. Deponiamo una corona davanti alla lapide, praticamente avvolta dalle sterpaglie, che celebra da oltre 100 anni, il luogo di inizio di quella che ancora oggi è considerata la più lunga fuga in bicicletta della Milano – Sanremo. Il 19 marzo 1918, Costante Girardengo qui scattò e raggiunse il Traguardo dopo circa 200 km di pedalata solitaria.
Seconda tappa
Ripreso a spingere sui pedali, un veloce passaggio davanti al Museo dei Campionissimi ed eccoci nelle strade della campagna del basso Piemonte, che però profuma già di Liguria. Il sole ha preso a scaldare e i nostri completi di lana, iniziano a fare effetto, donandoci un tepore piacevole, che presto, con le salite si tramuterà in caldo asfissiante. Malgrado le nostre bici richiedano un po’ di attenzione nel loro utilizzo, abbiamo il tempo di ammirare i campi lavorati che visti insieme formano una distesa simile una coperta scozzese con i toni del marrone, bellissima.
Il servizio “scopa”
A pochi chilometri da Ovada, il primo guaio tecnico, la catena si attorciglia e sono costretto a caricare la bici sul furgone scopa e anche io, ovviamente ne approfitto per accorciare la pedalata. Alla guida uno dei nostri angeli custodi, Maddalena, che con pazienza ci segue e ci accompagna ai punti di ritrovo.
Arrivato ad Ovada sistemo la catena della Gerard e girato la ruota per affrontare il Turchino … Giro la ruota? Si, perché fino al 1930 non esisteva il cambio e l’unico modo di avere un rapporto per la pianura e uno per la salita era proprio quello di averne uno da un lato e uno dall’altro e quindi fermarsi ogni volta che serviva “cambiare”.
Il Turchino
Il Turchino … In effetti chiamare salita la strada che sale verso i 532 metri del passo del Turchino potrebbe sembrare esagerato, ma con queste biciclette la cosa è davvero faticosa, molto faticosa! Talmente faticosa, che a meno di un chilometro dalla salita, chiedo volontariamente un passaggio a Maddalena e arrivo comodamente al passo.
Dopo le foto di rito davanti al cippo, riprendiamo le bici e ci avventuriamo in discesa … Se pedalare in salita era faticoso per un verso, la discesa non scherza! I freni erano allora e per noi, lo sono ancora, di sughero. Contro i nostri cerchioni di legno, la capacità di frenata lascia a desiderare. Per aiutare la frenata, si usano pezzi di legno schiacciati a terra con il pedale … La discesa è comunque davvero bellissima, curve e tornanti si susseguono, il profumo del mare si fa sempre più intenso, fino ad arrivare quasi a toccarlo al termine della pendenza a Genova.
La passerella
Girata per l’ennesima volta la ruota, prendiamo la ciclabile fino a Varazze dove sostiamo per il “rifornimento” a base di soppressa veneta, asiago e l’immancabile focaccia ligure.
Gli ultimi chilometri sono una passerella per Savona prima e lungo la via Aurelia poi fino ad arrivare a Finale Ligure, dopo circa 130 km dalla partenza di Tortona.
La serata scorre veloce tra un aneddoto e uno sfottò sulla giornata appena trascorsa e poi tutti a riposare per l’ultima giornata di passerella lungo la riviera.
Sveglia presto, carico valige sul pullman che ci riporterà a Milano in serata, colazione a Finalborgo e quindi si parte! Fino a Laigueglia, a parte un piccolo inconveniente tecnico è davvero una sfilata, a ogni paese attraversato scattavano gli applausi.
I tre capi
Durante la sosta per il rifornimento, ultimo giro di ruota (e non mi riferisco al programma di Mike!) prima di affrontare i tre capi (Mele, Cervo e Berta), che nelle prime edizioni della corsa erano assieme al Turchino le uniche salite presenti lungo il percorso. Il trittico di salite, rischia di lasciare il segno.
Sul Berta, per fortuna, complice la sosta al cippo commemorativo dei vincitori, un attimo di riposo per evitare di bloccare definitivamente le gambe. Da qui al traguardo, sarà ancora una pedalata tra applausi e ammirazione dei ciclisti “moderni” che ci affiancano e superano guardando con un po’ di invidia le nostre bellissime biciclette quasi centenarie.
L’arrivo a Sanremo
L’arrivo a Sanremo sotto lo striscione tra due ali di folla già assiepata è da brividi, ci si sente davvero dei piccolissimi Girardengo! Sotto il traguardo i telefonini scattano foto e registrano video come se davvero avessimo vinto la corsa. E mentre tutto questo succede, ripenso al perché sono qui, alla voglia di capire cosa provassero centodieci anni fa, superando la linea dell’arrivo.
Personalmente aver superato il traguardo mi ha regalato la consapevolezza dei miei limiti, di essere riuscito in qualche momento a superarli, andando oltre la voglia di mollare davanti alla fatica e ai problemi. Allora forse in piccolissima parte ho capito, ho provato. Cento anni fa, quegli uomini, correvano per dimostrare che le vicessitudini dei tempi, guerre e povertà, non potevano sconfiggerli. Il loro essere persone “normali” che andavano in bicicletta dava a tutti la forza di crederci e di superarsi, e in fondo è per quello che il ciclismo ancora oggi, malgrado tutto, è uno sport amato dalla gente.