Ciclostoriche: sei consigli per prepararsi al meglio

Il fascino di ridare vita a biciclette dimenticate per anni in cantina, l’emozione di solcare in sella le strade bianche e per molti versi la goliardia e lo spasso a vestirsi come si faceva un tempo, con maglia di lana e scarpe di cuoio: se le ciclostoriche sono diventate formato che oggi piace tanto, questo in fondo è merito non solo della spinta che ha dato loro “la madre di tutte le ciclostoriche” – L’Eroica -, ma anche per il fatto che questo tipo di eventi in sella uniscono la rievocazione alla pratica vera, ad un’esperienza nel vero senso di questo termine.

Appunto: oltre al fascino del pedalare, le ciclostoriche hanno anche e soprattutto il risvolto pratico legato alla necessità di usare bici cui in pochi sono avvezzi, e per di più bici con un’architettura tecnica non certo all’avanguardia o super efficiente come accade quando si esce con le modernissime full-carbon, o in genere con le biciclette di moderna generazione.

Questo nostro prontuario didascalico serve proprio a questo: serve a darvi nozioni e informazioni sintetiche su come approcciare questo mezzo in questo tipo di manifestazioni.

1 – Abituarsi alla posizione

Ammesso (e nella maggior parte dei casi non concesso) che la bici d’epoca di cui disponete abbia una misura adatta alle vostre caratteristiche antropometriche, è assai difficile – anzi è impossibile – che l’assetto che troverete in sella sia uguale a quello che utilizzate sulla vostra bici moderna. La concezione dimensionale, il rapporto tra le varie aree del telaio e l’estensione dei componenti di una bici d’epoca sono estremamente differenti rispetto alla impostazione moderna, perché diversi erano i canoni con cui si progettavano le bici un tempo e diverso anche il modo di guidare.

Questo significa che nel momento in cui salirete sulla bici “eroica” scordatevi di poter traslare di sana pianta l’assetto moderno sul mezzo ciclostorico, appunto perché questo non è nei fatti possibile.

Di conseguenza, per pedalare al meglio sulla bici d’epoca occorre un adeguato periodo di adattamento; basteranno tre, quattro uscire per familiarizzare con il diverso assetto. E poi vedrete che una volta abituati sarà poi un piccolo shock tornare a pedalare sulla bici moderna ….

2 – Abituarsi alla guida

Direttamente collegato a quello appena detto è l’aspetto della guidabilità di una bici d’epoca: gli angoli del telaio (in particolare quello di sterzo), le dimensioni del manubrio (generalmente più stretto) e l’architettura delle ruote (dal profilo basso) generano caratteristiche di guida estremamente differenti rispetto al feeling che potremo aver “sedimentato” con la nostra bici moderna.

È un’ulteriore ragione in più – questa – per effettuare un adeguato periodo di adattamento prima di “gettarsi nella mischia” della ciclostorica che abbiamo in programma.

Sempre di abitudine tecnica dovremo parlare in merito alla fruizione dei componenti: pur tenendo da parte le bici di inizio secolo (che alle ciclostoriche sono utilizzate da una ristretta nicchia) come minimo la vostra bici “eroica” avrà comandi cambio al telaio, avrà leve freno dall’ergonomia decisamente diversa rispetto alle leve freno moderne e infine avrà una sella dal prillo diverso (ma in genere questo è l’unico componente più comodo ed ergonomico quando si fa il confronto bici antiche/bici moderne …). Ancora una volta, l’adattamento è la strada maestra per familiarizzare con questi materiali.

3 – Check up tecnico

L’adattamento con la bici d’epoca sarà poi quantomeno necessario per verificare che tutte le componenti meccaniche siano in efficienza: il corretto serraggio dei componenti, la funzionalità della trasmissione e prima di tutto la corretta efficienza dei freni sono aspetti che non è possibile verificare solamente affidando la nostra bici d’epoca ad un seppur esperto meccanico. No, il migliore dei collaudi è la prova sul campo, ancora meglio se in condizioni o su strade simil a quelle della ciclostorica in programma.

4 – La guida? “Leggera”

La strada bianca è sovente il terreno prediletto dai percorsi delle ciclostoriche. È una complessità in più che si aggiunge alle difficolta di conduzione di un mezzo di cui come abbiamo detto si ha in genere poca familiarità.

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In questo caso, a prescindere da quale sia il terreno sul quale ci troviamo – salita, pianura o discesa – la regola per condurre una bici eroica sullo sterrato è assumere un assetto in sella che sia il più possibile “morbido” e “leggero”, ovvero i muscoli del corpo non dovranno mai essere troppo tesi e contratti, cosa che invece succede spesso ai meno esperti.

Irrigidire il busto e soprattutto la presa sul manubrio è la risposta naturale che il corpo ha rispetto una situazione di pericolo che lo coglie impreparato; in realtà questa è la strada peggiore per salvarsi dal rischio più frequente nelle ciclostoriche: l’improvvisa perdita di aderenza della ruota posteriore o peggio dell’anteriore.

Al contrario, avere una guida “leggera” significherà impugnare il manubrio in modo dolce, tenere gli arti superiori mai troppo tesi, ma sempre con un certo angolo di curvatura tra bracci e avambracci (che in questo modo fureranno da “sospensioni” naturali per assorbire le buche;) una guida leggera sarà anche quella che ci approccerà alle curve, da eseguire in modo graduale, mai con sterzate secche o repentine.

5 – Le frenate

Questione che richiede altrettanta perizia, attenzione e adattamento è quella relativa alla gestione della frenata: alle ciclostoriche la decelerazione ha la doppia aggravante di avere a che fare con impianti frenanti di certo non potenti come quel attuali e soprattutto che in molti casi devono fare i conti con il fondo sdrucciolevole dello sterrato. A tal proposito diciamo allora che sulla strada bianca la tecnica di frenata è identica a quella su asfalto, con la differenza che nel primo caso ogni minimo errore lo si pagherà caro.

Delicatezza e progressività della frenata saranno allora le parole d’ordine. Ma attenzione: questo non significa certo non essere decisi nell’azionare le leve: tutt’altro. Diciamo che sulla bici d’epoca – e sullo sterrato – esattamente come su quella moderna – occorre gestire tutto con progressività.

Inoltre, è necessario sfatare quel luogo comune per cui in discesa il freno anteriore non vada utilizzato: il freno anteriore serve eccome, ma questo deve essere azionato solo quando la bici si trova in una perfetta traiettoria rettilinea; in questa situazione, invece, sia sull’asfalto, sia sullo sterrato, l’azione simultanea di freno anteriore e posteriore ci aiuterà a decelerare nel più breve spazio possibile il mezzo prima dell’ingresso in curva; e una volta in piega, le leve freno non dovrebbero neanche essere sfiorate.

6 – La meccanica: gli adattamenti utili (e possibili)

I regolamenti delle ciclostoriche parlano chiaro; le biciclette ammesse devono avere precisi requisiti meccanici per essere considerare ammesse al via; inoltre, non devono superare una certa epoca (generalmente il 1987); in realtà, pur rimanendo all’interno di questa cornice normativa, è possibile apportare alcuni adattamenti tecnici al mezzo d’epoca, in modo da renderlo più pratico, più adatto per il percorso e soprattutto più sicuro. Questi adattamenti in realtà devono tener presente i limiti meccanici dei componenti fondamentali della bici di cui si dispone: intendiamo dire, ad esempio che non sarà mai possibile montare su una vera bici d’epoca una guarnitura compact oppure coperture gravel, in entrambi i casi perché le componenti e/o il telaio non sono compatibili a questi adattamenti.

Cosa invece si può fare? Prima di tutto, a nostro avviso, è meglio utilizzare coperture (e relative ruote) per copertoncini, al posto dei tubolari che si usavano un tempo, visto che i primi sono senza dubbio più facili da gestire in caso di foratura, ovvero evenienza assai frequentare sella strade delle ciclostoriche.

Margini di intervento minori possono invece esserci per le rapportature montate: come dicevamo le caratteristiche dei componenti di un tempo (in questa fattispecie cambi e deragliatori) impongono di rispettare determinate dentature minime o massime, pena il rischio di rompere tutto durante l’utilizzo.

Rapporti di moltiplica come il 42-28 (o solo in certi casi il 41-30) sono il massimo – o meglio il minimo – che si possa montare sulle bici d’epoca dal dopoguerra fino a fine Ottanta. Sicuramente sono ben lontani dai rapporti demoltiplicati in uso oggi, ma almeno sono poco meglio dei rapporti durissimi che spingevano i Coppi o i Bartali.

Perché del resto, se si potesse modificare tutto, che ciclostorica sarebbe?

Maurizio Coccia: Ex agonista, prima della mountain bike, poi della bicicletta da corsa, tuttora pedalatore incallito, soprattutto su asfalto. Ha scritto per oltre quindici anni sulle storiche riviste “La Bicicletta” e “ Bici da Montagna". Si occupa di informazione su riviste specializzate di biciclette e portali on-line, soprattutto di tecnica e di nuovi prodotti.