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Il press tour patrocinato dalla Regione e organizzato da Puglia Cycle Tours ha un nome che è già una promessa: Bike & Wine.
All’arrivo, Bari ci accoglie con schiaffi di pioggia salata dal vento di mare e carezze delicate di un sole fragile, che intiepidisce appena. E ci mostra un volto più intimo e vero fuori stagione, che ci fa sentire meno turisti.
Il tempo deve essere cambiato proprio mentre ero in volo: qui fa più freddo che a Milano e io, memore di un’indian summer a fine ottobre, sono decisamente troppo leggera.
Giorno 1: L’arrivo a Putignano
Cielo d’Irlanda, luce cangiante, lampi di sole e scrosci di pioggia. Putignano ha una sua bellezza bizantina, come quasi tutte le cittadine, qui. Stradine strette e storte, archi, pietra bianca bagnata di pioggia e lucente di sole.
Alloggiamo in un albergo diffuso di puro charme, Petrantiche. Camere nascoste, arroccate in cima ai palazzi del centro storico, a cui si accede con scalini alti come massi.
Il Carnevale
Il nostro tour comincia in grande. Letteralmente, nel senso che visitiamo gli enormi hangar in cui si preparano i carri del più famoso e antico carnevale d’Europa, che quest’anno è alla sua seicentoventinovesima edizione. Entriamo come spie nei diversi comparti in cui segretamente i maestri studiano, creano e progettano le loro opere, con la prescrizione di silenzio – i muri che separano un maestro dall’altro hanno orecchie – e il divieto di scattare foto. I carri sono incredibilmente grandi, alti come palazzi e l’arte, la creatività sono solo un aspetto, quello finale, di tutto il necessario a realizzare queste storie racchiuse in pochi metri quadri di larghezza e molti di più in altezza. Il resto è inventiva, ma anche ingegneria e elettronica. E tutto questo non si impara a lezione, ma alla scuola della vita, che vede i ragazzini di Putignano passare a impastare cartapesta tutto il loro tempo libero, a seguire con occhi e orecchie i maestri per poi sperare di diventarlo loro stessi. Vedere i carri in preparazione fa venire voglia di tornare al momento giusto, ovvero per tutto il mese di febbraio il 4, 12, 19 e 21 per vederli finiti e in strada.
La sera, si cena “slow” al Chi va piano di Putignano. Ci conosciamo davanti a piatti di una cucina insolita, molto vegetale e a chilometro zero, creativa e leggera.
La mattina dopo, sveglia presto.
Giorno 2: si parte
Sole giallo, cielo blu, roba da cartolina. Ma l’aria è così fredda che sembra di essere a Cortina.
Dopo un breakfast da campionato in entrambe le specialità, dolce e salato, molto locale, sia nella bontà che nella quantità, Piazza del Plebiscito con la sua bellezza romanica fa da quinta al “bike fitting”. Salgo orgogliosa su una Specialized Roubaix, ma per poco. Oggi si pedala solo per prendere confidenza, sia con le bici che con le nostre guide.
E in un attimo di “bike” è già ora di “wine”. Smontiamo di sella da Giovanni Aiello, “enologo per amore” che dopo aver girato il mondo, si è aperto la sua cantina proprio lì dove andava a mangiare da ragazzo. Produce Primitivo di Gioia del Colle e Verdeca con pochissimi solfiti che degustiamo spilluzzicando senza tirarci indietro.
Quando arriviamo alla seconda cantina, Amastuola, il sole è sparito, lasciandoci ostaggi di un vento tormentato e gelido.
Amastuola produce vino biologico, Primitivo – una via di mezzo tra quello di Gioia del Colle e quello di Manduria – Aglianico, Merlot e Cabernet Sauvignon senza chimica aggiunta neanche al suolo. E’ anche un resort e ristorante, e offre diverse “experience”, che vanno dal Light Lunch alla Degustazione Top. Non sono sicura di quale fosse quella che ci hanno offerto, anche se sembrava tutto fuorché light.
Ma light da queste parti è un concetto con cui dovremo venire a patti.
E per finire la giornata, il panino di Marino. Marino ha un locale piccolissimo a Noci, nel cuore della Valle d’Itria. 30 coperti ha, e 30 persone serve al giorno, senza doppi turni. Lo ha aperto con sua moglie dopo aver avuto per 42 anni una salumeria. E in breve è diventato un punto di riferimento per la gastronomia pugliese. Le scuole alberghiere di tutto il mondo gli mandano gli studenti in stage.
Marino dice che per il suo panino ci vuole tempo, e ha ragione. Solo ad ascoltare gli ingredienti con cui sua moglie crea i diversi tipi di pane, parte mezz’ora. Poi c’è la farcitura, che è un mondo a parte, fatto di aromi, essenze e strane frittelle vegetariane colorate. E così la gente aspetta, e aspettando disegna sulle tovagliette di carta, che poi vengono incorniciate e appese alle pareti del locale.
Anche mangiarlo il panino di Marino, non è come dirlo. A parte che è grande come un vitellino da latte, lui te lo porta e recita le istruzioni come un rituale esoterico: “ne mangi metà, poi ti fermi, bevi un sorso, lo giri a testa in giù e ricominci. E avrai tutto un altro panino”.
Tutto vero anche questo, e buonissimo. Già sazi dal resto della giornata, abbiamo barcollato, ma non abbiamo mollato. Un po’ come nelle salite, mica si smette di pedalare prima della fine, no?
Giorno 3: si comincia a pedalare sul serio
Con un sole così, la Val D’Itria è tutta nostra. Partiamo presto e anche se l’aria è frizzante, pedalare scalda. E la campagna è così varia tra oliveti, terra rossa e scura, prati verdi e trulli e stradine senza traffico dritte e lunghe.
La pausa caffè ci regala scorci quasi privati di Alberobello, senza turisti a frotte tra cui zigzagare, senza baraonda. Solo il bianco nudo della calce dei trulli contro il blu del cielo. Poi, appena fuori da Martina Franca ci fermiamo ai Trulli il Castagno, una cantina familiare con trulli-vacanza che dentro sembrano la casa dei Puffi, e una coltivazione di erbe aromatiche.
Produce Maresco, Verdeca e Moscato, anche naturali. E naturalmente più che degustare, mettiamo di nuovo a dura prova la nostra capacità gastrica, che sembra allenarsi giorno dopo giorno.
Ripartiamo felici, sicuramente per la compagnia (ma credo che anche il tasso alcolico abbia fatto la sua parte). Ormai il ghiaccio si è rotto, e chiacchieriamo senza sosta in una sorta di italiano colorato qua e là da una serie di espressioni inglesi e olandesi, a volte tedesche e moldave, che tutti sembriamo capire. Ci sentiamo come una combriccola di amici in vacanza. Il paesaggio aperto e sconfinato, e ancora stranamente verdissimo, ci sembra magnifico. Destinazione: appena fuori dalla Selva di Fasano, nel territorio di Monopoli dove ci accoglie la Tenuta Monacelle, un villaggio in cui vivevano le monache, appunto, fatto di trulli antichi, che al buio acquisisce uno charme fiabesco.
Giorno 4: vento e tempesta, si va a piedi
Oggi, niente bici. Basta mettere il naso fuori per farsi passare la voglia. Vento gelido a raffiche e pioggia. Visitiamo Locorotondo da pedoni, già pronta al Natale come un paese del Nord Europa. Ne ammiriamo l’eleganza un po’ snob, acciambellata come un gatto nella sua forma perfettamente tonda a guardare dall’alto tutta la Val d’Itria.
L’incanto dei Giardini di Pomona
600 varietà di fichi, ci si può credere? più di 90 di rosmarino, 300 tipi diversi di melograno. Il conservatorio botanico di Paolo Belloni da Milano, trasferitosi, bravo lui, alle porte di Cisternino per recuperare piante di tutto il mondo ormai praticamente scomparse e preservare la biodiversità, ci regala attimi di sorpresa quasi infantile e anche di più. Perle di saggezza sotto forma di metafore botaniche di cui far tesoro anche nella vita.
E poi, al centro di uno spiazzo vuoto, sta, solitario, il Cachi di Nagasaki, progenie di una pianta trovata viva sotto le macerie nucleari. Tutt’attorno, Paolo gli ha costruito un labirinto di lavanda di quasi 500 metri quadri, per proteggerlo e insieme onorarne il potente significato. Ci chiede di raggiungerlo percorrerlo in assoluto silenzio.
Intanto, tra degustazioni di fichi, food forest e altre meraviglie, si è fatta l’ora di pranzo. Ci dirigiamo quindi verso l’epicentro della cultura enogastronomica della zona: Ceglie Messapica. E anche stavolta, cadiamo in un’imboscata.
Light lunch, recitava il programma. Ma già dal nome del posto, si poteva capire che invece. Vino, Fritti e Cucina, si chiamava, altroché, e Lino che light non sa neanche cosa vuol dire, sa benissimo come friggere. E quindi, restando fedeli al nome, tutto quello che esce dalla Cucina, o sono Fritti, o è Vino. Ma in entrambi i casi, sono buonissimi. E poi via, verso altre degustazioni …
Ammiro la capacità dei nostri stomaci di adattarsi a condizioni estreme come questa, che effetti è un po’ una Gran Fondo dell’Enogastronomia, percorso lungo.
La prossima tappa è a Manduria, al Consorzio del Primitivo, nel quale c’è anche un Museo della Civiltà del Vino Primitivo. E’ inaspettatamente grande, circa trenta stanze, poste sotto al Consorzio, che in passato erano cisterne e conservano ancora il colore rosso intenso sui muri.
Ammiriamo e degustiamo, sembra non facciamo altro in questi giorni, il Primitivo di Manduria in tutte le sue molteplici sfumature.
La sera, io digiuno.
Giorno 5: adesso sì che la riconosco!
Questa sì che è la mia Puglia, aria tiepida e profumata, sole dolce dalla luce dorata.
Gioia pura da San Pietro in Bevagna fino a Guagnano. Pedaliamo sul mare con quella specie di euforia da gita scolastica a Salina Monaci, di fianco, solo i fenicotteri, che ci accompagnano come in un film della Pixar. La Torre Colimena, è maestosa e bellissima, circondata da fichi d’india grandi come condomini, fronteggia il mare, sempre lì, a far da guardia alle ville retrostanti. E poi dune e prati e mare in un caleidoscopio ricco di mille colori. Qui ci aspetta una grande quantità di visite, per una cittadina così piccola, un vero concentrato di eccellenze enogastronomiche. Iniziamo dalla Cantina Cantele che oltre alla degustazione di rito ha organizzato per noi un corso di orecchiette ad opera de L’orecchietta, sempre di Guagnano. Lavoriamo in silenzio, concentrati sotto l’amorevole e simpatica sorveglianza di Lisetta, la nostra maestra, mentre lo chef, suo figlio Mino ci racconta i tesori del Salento: verdure di ogni colore, che oltre che squisite, sono una festa per gli occhi.
I pomodori invernali, per esempio, che crescono in aridocoltura e restano appesi tutta la stagione fredda in casa, dalla buccia spessa e dura di un giallo oro, s’abbinano al verde delle cime di rapa e intrecciano il gusto con le nostre orecchiette.
Mentre nei calici continua la teoria dei Negramaro e Chardonnay senza soluzione di continuità, per finire con un Amativo, perfetta crasi tra Negramaro e Primitivo.
Continuiamo con una pedalata troppo breve per poterla considerare un alibi, o almeno un attenuante, verso la seconda cantina della giornata, quella di Claudio Quarta, che, cervello in fuga in California, è rientrato in Italia e qui ha costruito il suo “grappolo” di Cantine. Questo è infatti il suo marchio, che rappresenta una filosofia ben precisa: quella di ampliare business e produzione creando o acquisendo cantine diverse non “spremendo” la stessa, che perderebbe in qualità. E ci presenta gli “acini” che lo compongono: Moros qui a Guagnano, Cantina Emera a sud di Taranto e San Paolo in Irpinia. Boutique winery, per rendere omaggio ai vini di queste terre. Claudio Quarta miscela sapientemente cultura classica e sapere enologico, ben consapevole che è l’insieme delle note a creare l’armonia. E ci concede uno sguardo sull’arte classica della Magna Grecia in uno suo piccolo Museo privato.
Guagnano ci riserva un’ultima visita alla Biblioteca del Negramaro, ricca di volumi sul vino che si possono prendere a prestito. La sera dormiamo nel cuore di Lecce.
Chiedeteci se siamo felici.
Giorno 6: il gran finale
Un giorno intenso, questo, fitto di visite, bellezze, vento e sole, malinconie e gioie, tramonti e marine antiche, che a raccontarlo davvero non basterebbe un libro.
Si inizia con il naso all’insù. Passiamo ore a guardarci intorno, increduli, è “l’effetto Lecce”. Sembra impossibile che sia così bella, curata, elegante. Il suo barocco immacolato, le sue strade di palazzi antichi in perfetto stato. Sembra una nobildonna un po’ snob che porta con la dovuta nonchalance solo gioielli di famiglia.
Poi, l’abbazia medievale di Santa Maria in Cerrate ci accoglie con una sorpresa: nei piccoli bicchieri da caffè, oggi non degustiamo vino, ma olio EVO. Una degustazione guidata da Agro, il produttore, che ci porta attraverso le sue sfumature ricche di personalità, tra il profumo del sole e l’amaro del suolo, il dolce, appena piccante e il salato, che non possono esistere l’una senza le altre.
E poi veniamo teletrasportati come per magia sotto un cielo d’Irlanda, spazzato da un vento carico di sole che rende i colori vividi come in una pellicola degli Anni 60. A Torre Guaceto, riserva naturale e posto incantevole, dove comincia la nostra ultima pedalata, in un alternarsi di sfumature e stati d’animo contrastanti, un po’ come l’olio di prima.
Euforia e meraviglia, col tocco amaro della consapevolezza che la magia di tutto questo stasera finirà. Viaggiamo nel sole, godendoci ogni istante, ogni singola pedalata, apprezzando ogni scorcio, le dune e il mare che giocano a nascondino, le strade di terra scura lunghe e infinite che sembrano scappare oltre l’orizzonte. Sapendo che ci mancheranno, come ci mancheranno le persone, Cristina e Mimmo, le nostre guide preziose e Antonio, un Virgilio che ci ha scortato ovunque, Giovanni, Catiana e Silvia dell’organizzazione di Puglia Cycle Tours che l’ultimo giorno pedaleranno con noi. E ovviamente i compagni di viaggio.
E infine arriviamo a Brindisi in perfetto orario per vedere un tramonto sulla Marina vecchia che non ha eguali.
La sera chiudiamo in bellezza, con una degustazione finale della Tenuta Rubino che produce solo vini del territorio, solo da loro uva. Il più famoso è il Susumaniello, la cui vendemmia viene fatta a mano, solo da donne che alla fine vengono festeggiate. Amano molto fare festa, alle Tenute Rubino, e in effetti il loro vino mette allegria.
Sarà per quello, o perché ne beviamo parecchio, ma stasera ci dimentichiamo la tristezza.
Fino a domani è ancora Puglia
Consigli utili (e dilettevoli), e un avvertimento
- Visitate la Puglia. Fatelo piano, lentamente.
- Fatelo se potete, in bici o a piedi.
Puglia Cycle (e Hiking) Tours https://www.pugliacycletours.com/it organizza moltissimi giri diversi, in Puglia e in Basilicata, self guided con uno strumento facile da usare anche per i più no-digital, o con guide non solo molto esperte anche di cultura locale, ma super simpatiche, un vero valore aggiunto.
- Vestitevi “a cipolla”, sempre, anche d’estate. Ma nelle altre stagioni di più.
- Mettetevi a dieta un paio di mesi, prima. Anche se state pensando “chi, io?”, fidatevi.
- Siate consapevoli che la Puglia crea dipendenza.
I paesaggi, l’arte la storia, l’aria, il mare, le colline, la campagna, la cucina, il vino, l’olio i profumi, la passione, la cultura. E soprattutto la gente, vi mancheranno appena partiti. E’ il mal di Puglia. Non ve lo dicono ma è così, altrochè. E quando lo scoprirete, sarà troppo tardi. Tocca tornare.
Poi non dite che non vi avevo avvertito.
Foto di Antonio Manfredi, Manuela Campanelli e Mimmo Angelillo.