Il Ghisallo traguardo per tutti gli amanti della bicicletta
Il Ghisallo è il cuore pulsante del ciclismo, lombardo e non solo. Qui arrivano – o partono, dipende- due strade che sono vene, o arterie a seconda, e che trasportano ciclisti come sangue, ossigeno, vita.
E’ il colle dove il Triangolo Lariano prende per mano la Vallassina, Lombardia tra i rami del Lago di Como, poco a sud di Bellagio. Il suo culmine è a 750 metri sul livello del mare – comune di Magreglio – alla chiesetta della Madonna del Ghisallo, protettrice dei ciclisti. Una chiesa che è un museo e un museo, proprio lì vicino, è una chiesa, dimora e memoria del ciclismo.
Per questo chiunque vada in bicicletta, tutti i giorni o qualche ora, sente di dover passare di qui, salire da una parte per scendere dall’altra, dopo essersi fermato per lasciare un maglia, una borraccia o una preghiera, sapendo che andrà via con molto di più. Dal Ghisallo passano davvero tutti. Ma prima, dopo e anche durante il Giro d’Italia, qui salgono tutti gli altri, quelli per cui arrivare in cima è un sogno, mettere il piede a terra una sconfitta; incrociare il pullman di linea un incubo.
La strada che sale da Canzo e che arriva al Ghisallo da Sud, è detta salita “dolce”, come una speranza. E’ quella più abbordabile, senza tornanti né strappi importanti. Da Asso sono una decina di chilometri, ma più che la distanza è meglio fare attenzione alle indicazioni: prendiamo a destra per la Via Provinciale che accarezza Lasnigo, perchè a sinistra si va dritti sul – quindi contro – il “muro” di Sormano. Il paese rimane a destra della strada mentre a sinistra c’è la bella chiesa di Sant’Alessandro, con una serie di affreschi del XV secolo; e se proprio abbiamo la testa bassa sul manubrio che non possiamo fermarci, almeno alziamola un attimo per guardare e ammirare lo splendido campanile del XIII secolo.
La strada che parte da Bellagio è invece un’altra musica. Dalla rotonda appena sopra il paese sono circa nove chilometri -statle 583 – che si fanno ripidi fin da subito. Per coloro che sperano ancora di fare il Giro di Lombardia coi professionisti, diciamo che i primi due chilometri e mezzo hanno una pendenza fino al 14 per cento, mentre i successivi tre solo, per dire, dall’otto al nove. Invece per tutti quelli che la prendono un po’ così, suggeriamo innanzi tutto di fare rifornimento di tranquillità, bellezza e roba da mangiare sul lungolago di Bellagio, in uno dei caffè con vista lago. Dopodiché si raggiunge la rotonda appena sopra e si comincia a salire: le pendenze vogliono rapporti molto leggeri, da mountain bike per esempio, con un 36 davanti e almeno un 28 dietro. Anche se si attraversa il bosco, d’estate il sole si sente eccome. Appena partiti c’è un lavatoio sulla destra ma è secco, non cadete nel tranello. C’è invece una fontanella più avanti, ma soprattutto c’è “La Busciona”, un ristorante con una bellissima terrazza sul lago e un’azienda agricola per formaggi, confetture e frutti di bosco; si vede dalla strada, la tentazione c’è.
Poi però bisogna salire: a guardarla dal basso, questa prima parte di salita sembra disegnata per disarcionare i ciclisti dalle biciclette: molti tornanti, molto ravvicinati che si alzano di molto. Per quanto possibile è meglio girare al largo: prendere i tornanti nella parte esterna, dove si sentono di meno; ma non siamo in corsa col traffico chiuso, quindi facciamo attenzione. Comunque bisogna andar su, almeno fino ai 600 metri di Guello e Civenna, dove la salita per un po’diventa discesa, fino a quando le passa il senso di colpa. Ma non lasciamoci andare: lì c’è un semaforo e soprattutto c’è un paese e i suoi abitanti che vanno avanti e indietro, specie di domenica. A Guello segnaliamo volentieri la Trattoria “Riposo” e chi vuole premiarsi si accomodi.
E si ricomincia a salire: almeno un chilometro e mezzo per arrivare in cima, alle pendenze serie dell’otto e il dieci per cento. Tornanti e salita, bosco e silenzio. Pedalate per restare fermi perché nelle gambe si incontrano la fatica di prima e quella di adesso.
Per chi non ne ha abbastanza, proprio a Guello si può deviare per Piano Rancio e scoprire la splendida Valle di Guello. La strada è intorno all’otto per cento con punte addirittura al 12, quindi considerevole, a parte qualche centinaio di metri di pianura. Si passa Rovenza e San Filippo, e anche il “Sasso Lentina”, un masso erratico enorme, a destra della strada. Lo sforzo vale il paesggio, il panorama, il mondo che ci troviamo davanti. E possibile anche proseguire per Monte San Primo a destra, su un sentiero terrato, stretto che ci passa solo una bici; Oppure si va a sinistra e si scende per il Ghisallo.
Il Ghisallo; La Grigna e il Lago. la chiesetta e il museo. Le statue di Binda, Coppi e Bartali. Le biciclette dei bersaglieri, di Alfonsina Strada, di Francesco Moser. Le maglie, i gagliardetti; foto come racconti; arnesi come ricordi.(www.museodelghisallo.it). Don Ermelindo Viganò proclamò la Madonna del Latte – l’immagine del XVI all’interno della chiesa – Patrona dei ciclisti. Era il 1949 e da allora il Ghisallo è tra la terra e il cielo, tra la quotidianità e l’eterno. Da allora il Ghisallo è il cuore e per sentirlo battere bisogna pedalare fino qui.
Alessandro Avalli