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“Iap’ca Iap’ca”, che in dialetto molisano – anzi, filignanese – significa “piano piano”, è il nome di un’Associazione Sportiva che proprio con questo spirito – ma anche con tanta ostinazione – si è dedicata al recupero di percorsi dimenticati, vie antiche che fino a un secolo fa erano vive, battute e praticate, ma che in pochi decenni sono state letteralmente abbandonate: loro e tutto l’affascinante patrimonio di storia, di cultura e di paesaggio che avevano in sé.
Siamo in Molise, per la precisione in provincia di Isernia, siamo nella regione atavicamente afflitta dall’incapacità di associare a se stessa qualcosa che la renda riconoscibile, non solo agli stranieri, ma persino agli italiani.
Gli anni della pandemia, e la scoperta del turismo di prossimità, hanno contribuito non poco a scalfire questo assurdo cortocircuito, questo non senso che troppo a lungo ha celato dalle rotte classiche del turismo questo bellissimo spicchio d’Italia.
Meno che meno il Molise è meta conosciuta per il cicloturismo, più che altro perché le infrastrutture a servizio del cicloviaggiatore qui mancano quasi del tutto, a fronte di posti e paesaggi bellissimi, di estremo fascino e suggestione. Esistono però delle realtà associative che, semplicemente per passione, si stanno facendo in quattro per valorizzare ciclisticamente i propri territori: una di queste, appunto, è la Iapca Iapca di Filignano, piccolo centro di 600 abitanti situato nella parte sud occidentale della regione, quella che confina con Lazio e Campania, quella alle pendici della catena montuosa delle Mainarde, lembo meridionale del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Proprio qui le vie della transumanza – o più semplicemente le vie del pascolo locale – hanno creato una fitte rete di tratturi su cui si sono mosse per secoli e secoli bestiame e pastori. Era una società rurale imperniata nei paesi ma anche sui monti, dove con il passar del tempo sono state strutturati sentieri di transito e anche strutture al servizio di una vita così semplice e al tempo stesso organizzata.
Gli uomini che vigilavano sul bestiame sostavano anche per mesi interi all’interno di rifugi costruiti a regola d’arte con le pietre e secco, mentre le donne portavano quotidianamente a questi il mangiare, passando appunto per quei tratturi che stagionalmente utilizzavano anche gli animali.
Così è stato fino a una cinquantina di anni fa, in questa regione tra le ultime in Italia ad abbandonare questo tipo di economia. Anche per questo gli splendidi rifugi a secco si sono conservati bene, loro e i loro perfetti tetti realizzati con pietre incastrate l’una sull’altra a regola d’arte. Per lo stesso motivo i chilometri e chilometri di muri a secco non sono del tutto crollati, non sono crollati quelli che un tempo erano essenzialmente dei recinti che impedivano agli animali di entrare nei rifugi che erano destinati all’uomo.
Certo è che la natura in questi decenni ha fatto il resto, riappropriandosi dei propri spazi e chiudendo il passaggio dei tratturi con la vegetazione e i rovi. Ma in fondo è stato questo il modo migliore per conservare perfettamente tutto quel che l’uomo aveva costruito nei secoli in questi posti.
Spinta dalla passione per la mountain bike, ma anche dalla voglia di riscoprire e valorizzare la propria storia e la propria terra, ci ha pensato la Iapca Iapca a riappropriarsi di questi luoghi: nel giro di qualche anno gli affiliati al sodalizio hanno iniziato a pulire porzioni di quei percorsi per renderli agibili alle mtb. Sentiero dopo sentiero sono stati “restaurati” oltre cento chilometri di antichi tratturi, che ora sono tornati a beneficio prima di tutto dei biker, ma anche degli escursionisti che possono percorrere a piedi questi itinerari.
In particolare l’itinerario che segnaliamo è quello più noto ai biker isernini e del basso Lazio, è il più battuto e frequentato perché proprio su questo l’associazione ha pensato di creare il tracciato di una gara di mtb marathon che è diventata una “classica” del mountain biking del centro sud, la Mainarde Bike Race.
La gara si sviluppa su un percorso da 42 chilometri di grande bellezza, lontano dalle mete classiche del mountain biking; sono 42 chilometri (e 1.500 metri di dislivello) oggettivamente tosti, con passaggi tecnici che richiedono competenze di guida ed esperienza.
In realtà, per i meno esperti ed allenati ci sono anche soluzioni alternative di percorso, oppure tracciati meno tecnici che si possono fare anche in sella ad una gravel bike. In tutti i casi si pedala ad un’altitudine compresa tra 500 e 1.000 metri, quasi sempre in sottobosco, così da rendere praticabili i percorsi anche nella stagione calda (ma i periodi miglior sono sicuramente la primavera e l’autunno).
Informazioni per pedalare lì? Basta rivolgersi alla ASD Iapca Iapca, che si rende utile con le sue guide anche per escursioni guidate sul percorso “di gara” oppure sui tanti tracciati alternativi.
Cosa vedere lungo i tratturi
Torre e mura longobarde: nei pressi del piccolo centro di Mennella c’è il sito archeologico della Mura dei Mennella, con una torre di epoca longobarda testimone vigile di importanti trascorsi dell’intera area.
Museo dell’arte contadina: nel centro di Filignano c’è un museo dedicato all’arte rurale, agli strumenti e alle antiche professioni della società rurale di cento anni fa.
Stipi votive: nei tratturi sono frequentissime delle stipi votive che testimoniano quanto le antiche popolazioni locali fossero legate e devote al culto mariano.
Museo Combat Road: nella frazione di Cerasuolo c’è il museo Combat Road, riguardante la seconda guerra mondiale. Il territorio tra la valle del Volturno e le Mainarde (era infatti nel pieno della Linea Gustav) vi sono stati numerosi eventi legati alla seconda guerra mondiale. Negli spazi sono custoditi numerosi reperti bellici, documenti, fotografie, uniformi e attrezzature di vario genere ritrovate nella zona.
Dove mangiare
Filignano: Il Caffè del Borgo
Cerasuolo: La Tiana
Cosa mangiare
Tordiglione: una sorta di polenta di colore verde dato dall’utilizzo di verdure bietole, aglio e olio.
Abbuoto: nasce dalla necessità e virtù di non sprecare nulla degli animali che si macellavano; è un insieme di interiora di corpetto svolto con budelli e informato con dovizia di erbe aromatichea.
Frittata di Pasqua: si prepara con diverse decina di uova (ma sempre in numero dispari) cui si aggiungono tocchetti di formaggio di capra appassito, ricotta e salsiccia, coratella di capretto, asparagi e mentuccia.
Canescione: calzone cotto al forno ripieno di ricotta dolce o di tocchetti di formaggi e salsiccia.