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Un weekend nella Sicilia settentrionale. Non c’è niente di meglio per celebrare la bella stagione, dell’idea di un piccolo grande viaggio, pieno di charme, di movimento e relax, di buon cibo e paesaggi incredibili, con un contenuto virtuoso con cui agghindare di buoni propositi la primavera: la sostenibilità.
Ed è per questo che vi raccontiamo il nostro viaggio un po’ speciale, diverso dalle tradizionali vacanze siciliane, fatte di mare o visite turistiche alle principali città. Un weekend lungo e lento da programmare in qualsiasi momento dell’anno, magari in quella che per noi non è ancora primavera, ma là di sicuro sì o in un autunno che tira in lungo l’estate, o anche, perché no, in un inverno luminoso e temperato come solo in Sicilia.
L’arrivo
Arriviamo il venerdì con calma (se no che vacanza è?), per ambientarci, preparare l’attrezzatura necessaria, diversa per ogni giorno e per ogni esperienza. È previsto infatti un trekking a piedi e un giro in bici. Ci concediamo il tempo di stiracchiarci davanti al mare sull’enorme prato all’inglese del nostro resort che assomiglia curiosamente ad un paesaggio olandese, costellato di mulini a vento. Siamo infatti nella zona delle saline, come vedremo nei prossimi giorni, e i mulini servivano un tempo per portare l’acqua da una vasca all’altra.
E il resort I Mulini, fedele al suo nome ne conserva ancora un paio, enormi, di cui uno pied dans l’eau contiene una stanza per ospiti “di nicchia”. Per raggiungere la camera infatti, una mansarda raccolta e speciale, con incluso “l’effetto nave”, bisogna arrampicarsi per una piccola scala a chiocciola, che la rende esclusiva per piccioncini romantici e anche molto agili.
Siamo appena fuori Trapani, ai piedi di Erice, che ci proponiamo di visitare non appena abbiamo finito di ambientarci, ammirare il paesaggio. Per chi ancora non conoscesse Erice, è così bella, che da sola varrebbe un viaggio. Si può scegliere di raggiungere la cabinovia che ci porterà in cima con cinque minuti di macchina o una bella mezz’oretta di camminata per restare in tema green.
Erice la bella
E quando si arriva lassù, è pura meraviglia. Erice è di una bellezza totale e immutabile: la vista regala uno spettacolo unico che inizia dalla cabinovia e va in crescendo. Infatti lo spettacolo del mare a perdita d’occhio offre una visione privilegiata delle tre isole Egadi, Marettimo, Levanzo e Favignana, che se ne stanno lì, appena fuori dal tratto di costa tra Trapani e Marsala come tre enormi cetacei pigri.
Ci aggiriamo per il borgo antico, ammirando il Duomo e le altre innumerevoli chiese, sbirciando il mare che appare improvviso alla fine dei vicoli stretti, intrufolandoci nei piccoli meravigliosi cortili fioriti di ogni colore.
Rendiamo poi tributo all’antica pasticceria di Maria Grammatico, anche lei abbastanza antica, ma ancora tostissima, dalla vita lunga e dura, avventurosa come un romanzo. E in effetti è proprio diventata un romanzo, Mandorle amare, che ne racconta il lungo e faticoso percorso per arrivare ad un successo meritatissimo e dolce, letteralmente. Ne approfittiamo per accompagnare il caffè con una delle sue genovesi e i più golosi per fare incetta di ogni altro ben di dio presente all’interno del negozio: frutta martorana, cassatine e cannoli. E dopo la foto ricordo con la nostra protagonista, torniamo all’hotel, che sul mare al tramonto splende di una luce infuocata.
E sempre sul mare ci attende una cena meravigliosa fatta di ricette locali profumate di spezie, di mare, di menta. Pesce, formaggi e ogni altro antipasto illuminato dalla luce del sole che fa l’ultimo tuffo, ci racconta una Sicilia sensuale e bizantina che culmina in uno spettacolare cus cus di gamberi.
Un mare di montagna: La Riserva Naturale Orientata dello Zingaro
La mattina, sveglia presto e dopo un breakfast privilegiato sempre all’aperto, zaini in spalla: ci aspetta una giornata lunga e piena, un trekking nella Riserva Naturale Orientata Zingaro.
Iniziamo a camminare sotto un cielo cangiante, l’aria calda e una luce perfetta per ammirare un panorama senza uguali che ci accompagnerà ovunque per tutta la giornata. E anche il tempo con grande clemenza resta variabile, perché se durante le ore di trekking, magari in salita, ci fosse stato lo splendido sole senza compromessi che è saltato fuori a pranzo, ci avrebbe cotto come uova al tegamino.
La Riserva dello Zingaro deve la sua stessa esistenza ad uno dei primi successi della lotta ambientalista, che nel 1980 con un’eclatante protesta bloccò i lavori di distruzione/costruzione che l’avrebbero trasformata in un’enclave di villoni di lusso, con strade per le automobili di lusso eccetera eccetera.
E invece grazie a quella manifestazione è qui in tutto il suo naturalistico splendore – un piccolo grande miracolo floro-faunistico – racchiuso tra mare e cielo, una sorta di mare di montagna che si estende da Castellamare a San Vito Lo Capo o viceversa a seconda da dove la si piglia.
Tre percorsi: uno sul mare, Costiero, dal dislivello e percorso facili, uno di media costa, chiamato mari e monti perché alterna la vista mare e tratti più montani o anche “Sentiero delle Orchidee” a causa di un evento omonimo che vi si tiene ogni anno a marzo e l’ultimo, più impegnativo, che porta all’interno, il Cammino dei Màrcati, casolari in cui si producevano formaggi, più aspro, recondito e inesplorato.
La Riserva è aperta tutto l’anno, e ogni stagione ha il percorso più adatto al clima. È anche dotato di bivacchi, per chi desidera un’esperienza più lunga e immersiva.
Camminiamo parecchie ore, al ritmo costante dei racconti di Giuseppe Bàmbina, la nostra guida ambientale nella Riserva. Giuseppe conosce ogni pietra, ogni pianta, aneddoto o leggenda e ci porta passo dopo passo attraverso usanze, credenze, sapienza botanica.
Ci fermiamo in ex case contadine, adibite ora a punti di sosta e informazioni o a piccoli musei, come quello dei manufatti di palma nana detta di Goethe con la quale si può fare di tutto, da accessori domestici come tovagliette e tappetini, orecchini e ninnoli, ma anche scope o addirittura ante delle porte. La flora qui è ricchissima, e Giuseppe sembra conoscerla tutta, ci si inerpica per sentieri sabbiosi e irregolari e si impara. Lì la scilla, o cipollaccio, usato anticamente come veleno per topi, là il lentisco euforbia, e poi la disa, una pianta spontanea tra le più utili, con i cui fusti sottili e resistenti si intrecciavano le corde per le tonnare.
Visitiamo anche il Museo della Manna, con vista mozzafiato su Punta Leone, situato in una splendida, minuscola casa contadina, in cui vivevano tutti in un unico locale, incluso il mulo che era contemporaneamente membro della famiglia e riscaldamento più che sostenibile.
In tutta la Riserva poi ci sono nove calette, con nove discese a mare: Cala Tonnarella, Cala dell’uzzo, Cala Marinella, Cala del Varo, Cala Berretta, Cala Disa, Cala della Capreria, Cala Grottazza e Cala Mazza di Scanna. Scendiamo a Cala Berretta dove si fa il bagno.
Sulla via del ritorno, in un apposito sito attrezzato di tavoli sedie e ombra ci fermiamo per un pranzo pantagruelico a base di robusti e saporiti piatti della più schietta tradizione siciliana come le arancine ( o arancini? Mah) e il pane cunzato, vino a volontà e dolcetti vari.
Trapani e la voglia di non andar più via
La sera visitiamo Trapani.
Trapani è viva e sensuale, antica e circondata da un mare cristallino che abbraccia praticamente tutta la città; il centro storico sfoggia con una certa noncuranza la sua avvenenza barocca, la grande ricchezza di chiese, e pare non accorgersi dell’effetto che ha su chi viene da fuori la passeggiata verso il punto più a nord dell’isola sulle Mura di Tramontana, che fa venire voglia di comprarsi una casa lì e non andar più via.
E mangiamo pesce, tantissimo, cucinato nei più svariati modi, tutti siciliani.
Pedalando tra montagne di sale che sembra neve
La mattina seguente la sostenibilità assume un’altra forma. Ha le ruote, due ovviamente e un telaio in mezzo. Per i meno allenati anche una batteria: nel giardino de I Mulini ci aspettano le biciclette che ci porteranno da Trapani a Marsala attraverso la Riserva dello Stagnone, Il tempo è perfetto per pedalare, le strade della Riserva quasi tutte sul mare e prive di traffico automobilistico. Procediamo al seguito della nostra guida di MTB e Direttore tecnico di Sicicla Ecotourism, Sergio Gargagliano. Una pedalata dolce e piacevole, adatta a qualsiasi gamba, che costeggia quasi sempre il mare e ogni tanto ci sorprende con un paesaggio surreale: le saline.
Le saline: un pezzetto di Olanda in Sicilia
Chi non le ha mai viste non se le può immaginare: sono una via di mezzo tra le valli di Comacchio e un paesaggio olandese. Una landa piatta divisa in grandi vasche quadrate, delimitate da scanalature e punteggiata qua e là da mulini a vento. Ma con qualcosa di bianco che sembra neve, raccolta a formare montagnette ai lati delle strade. In Sicilia! È sale ovviamente, ma non lo sembra. E poi, come se non bastasse, vasca dopo vasca, il sale-neve assume colorazioni altrettanto sorprendenti, violetto, indaco, rosa antico, arancione cangiante, rosso tenue, verde; tutto questo a causa del diverso grado di salinità ci spiegano alle saline Culcas, intercettate nella nostra pedalata.
Le cantine Florio: una galleria d’arte liquida
La sosta pranzo avviene alle Cantine Florio, con tanto di visita guidata e degustazione di marsala. Chi di noi ha letto la saga de I Leoni, si aspettava senza dirselo, che ad accoglierci ci fosse un Ignazio, o un Vincenzo, o magari Donna Franca, ma no. L’atmosfera però è quella, e provoca una certa emozione, o forse è l’aria alcolica attorno alle grandi botti.
La nostra guida ci parla sia della storia dei Florio che del marsala, che, dice, è molto più nobile e pregiato, sfaccettato e intrigante di un vino dolce con cui fare scaloppine e zabaione. Le cantine Florio sono una galleria d’arte liquida, un posto un po’ magico in cui anche la geografia conta. Impariamo che ci sono tre elementi che contribuiscono a trasformare il vino in marsala: mare, vento e tempo. La vicinanza o lontananza dal mare per esempio ne influenza la dolcezza o sapidità, più è in basso, e quindi più vicino al mare, più sarà salato. Infatti, il marsala vergine sa proprio di mare, è un prodotto per pochissimi intenditori, con 5 anni di affinamento, 10 per il riserva.
L’intrigante contrasto tra il nobile marsala e l’umile cibo di strada.
La degustazione che segue, è anche molto interessante oltre che ottima e abbina ogni tipo di marsala ad un diverso cibo di strada, creando un intrigante contrasto. E così scopriamo che un vino Grillo di Cataratto e Zibibbo va coi formaggi, che il marsala vergine si sposa col pane conzato, che il marsala secco superiore va a nozze con la pizza rianata e che quello dolce dopo il cannolo non è più così dolce, acquista un po’ di sapidità e riequilibra il dolce del cannolo. Ma soprattutto impariamo che bere, ops! Degustare, e mangiare così fa venire sonno, e dopo pranzo ci “spiaggiamo” tutti quanti nel bel giardino delle cantine per una pennichella.
Il nostro giro in bici finisce alle Saline Ettore e Infersa che al tramonto offrono uno spettacolo unico, considerato tra i più belli al mondo (attualmente quarto in classifica, per l’esattezza). Il sole calante tinge di rosa e di rosso fuoco il bianco cangiante delle saline, con il profilo scuro ma inconfondibile dei mulini a vento creando uno scenario da sogno.
Mamma Caura, locale molto trendy gestito dalla coppia di giovani proprietari delle saline, serve sulle sue terrazze aperitivi che sono vere e proprie esperienze a base dei loro prodotti iconici, come il marsala spritz con la salatura del bicchiere, accompagnati da acciughe sotto sale e altre specialità salinamente gourmet.
Qui tutto è “salocentrico”. Infatti hanno creato una vera liturgia con tanto di parole e definizioni, percorsi, esperienze che ruotano attorno sale a questo loro prezioso elemento.
Questo “saliturismo” come lo chiamano qui, include esperienzome i trattamenti di salute e bellezza, la giornata denominata “salinai per caso”, per scoprire il lavoro di chi il sale lo estrae, escursioni nelle saline e così via.
Ce ne andiamo un po’ tristi (e noi nordici anche un po’ invidiosi) ma grati di aver scoperto una Sicilia inedita e “parallela” a quella più tradizionale delle vacanze al mare. Una Sicilia fatta di attività all’aria aperta, di movimento, paesaggi da scoprire con lentezza, itinerari suggestivi che scavano nei valori di lavori antichi e preziosi. Vacanze alternative in senso nuovo e finalmente rispettoso di un territorio che custodisce tantissimi tesori ancora inesplorati, come questo angolo, come questi trekking e questi percorsi cicloturistici.
Un viaggio in cui la valigia non basta: per portarsi via i ricordi più veri e duraturi, servono gli occhi, il palato, il naso, il cuore.
Info Utili
Dove: Sicilia nord-occidentale.
Quando: tutto l’anno
Cosa portare: Scarpe da trekking, berretto, pantaloni lunghi e maglie a manica lunga, costume da bagno, crema solare, borracce, zaino, casco, abbigliamento da bici, bicicletta (anche noleggiabile in loco).
Contatti: visitsicily.eu