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Che sia la bici del momento questo lo abbiamo capito, almeno a giudicare dai numeri di crescita a doppio zero che le bici elettriche – o meglio le bici a pedalata assistita o “Pedelec” o e-bike – hanno fatto registrare negli ultimissimi anni nel nostro Paese. Ma cosa sono per la precisione queste biciclette? La domanda non è scontata, se si pensa che la percezione di tante, troppe persone, è ancora quella per cui le bici elettriche siano assimilabili ai motorini, motorini con i pedali, dove per generare la trasmissione basta premere su un pulsante che ingaggia un’alimentazione elettrica. Nulla di più sbagliato.
Come funziona un bici elettrica o a pedalata assistita
La normativa europea 2002/24 CE codifica la bicletta elettrica come mezzi provvisti di motore che si attiva esclusivamente quando si azionano i pedali; gli stessi devono inoltre possedere un sensore che ne limita l’assistenza fino a una velocità non superiore ai 25 chilometri orari. Superata questa velocità, occorre spingere con le proprie gambe, cosa evidentemente difficile da fare, se si considera che bici del genere hanno un peso minimo di circa 18, 20 chili… Non finisce qui: le bici a pedalata assistita devono avere una potenza massima a regime di rotazione di 250 watt (ma in realtà la potenza di picco può anche essere superiore). Oltre all’assistenza automatica quando si inizia a pedalare, le e-bike devono inoltre possedere un sensore cdi coppia che interrompe l’assistenza quando si smette di pedalare.
Biciclette elettriche, velocità oltre i 25km/h
Oltre a quelle che rientrano nelle normative CE sul mercato esistono anche e-bike con una potenza a rotazione sino a 350 watt e una velocità massima di supporto fino a 45 chilometri orari. Si tratta delle cosiddette S-Pedelec, ossia “Speed Pedelec”. In Italia e in tutti i Paesi dell’Unione europea, fino all’inizio del 2017 queste bici non erano disciplinate, e il loro utilizzo sulle strade pubbliche non era legale. Il vuoto normativo è stato risolto a gennaio del 2017, da quando tutte le bici con potenza nominale continua o netta massima ≤1000 watt, e in genere quelle con limitazione superiore ai 25 chilometri orari sono considerati alla stregua dei ciclomotori a due ruote. È per questo che chi le acquista è obbligato a targarle, assicurarle e in più deve pagare la tassa di circolazione. Aggiungiamo che le S- Pedelec devono obbligatoriamente avere lo specchietto retrovisore, devono disporre di un sistema di illuminazione anteriore e posteriore e impongono all’utilizzatore di indossare il casco (anche se in questo caso ancora non si è capito di quale tipo… ).
Il Tuning sulle biciclette elettriche è proibito
Per questo motivo la maggior parte dei produttori che avevano in catalogo S-Pedelec hanno fatto dietrofront, proprio per via dei troppi oneri e tasse collegate che rendono poco appetibile un prodotto del genere. In più, ma qui valichiamo il confine della legalità, molti utenti sanno bene che modificare la limitazione dei 25 chilometri orari sulle Pedalec è un gioco da ragazzi: in commercio esistono molti dispositivi che consentono di modificare il limite del sensore di velocità spostandolo oltre i 25 chilometri orari in cui il motore “stacca”, consentendo dunque alla bici di viaggiare a medie decisamente superiori. Insomma, un modo molto semplice per eludere il limite dettato dai produttori e dalla legge, che in realtà comporta un aggravio pesante di responsabilità in caso di infortunio o di incidente. Le operazioni di “tuning” sulla propria bici elettrica fanno passare l’utente automaticamente dalla ragione al torto più assoluto, senza la possibilità alcuna di essere risarciti, anche nel caso in cui la responsabilità dell’eventuale incidente sia di altri e anche nel caso in cui noi fossimo la vittima. Insomma, per mantenere la certificazione CE ogni Pedelec dovrà essere mantenuta assolutamente inalterata nella sua componentistica e nelle sue caratteristiche, questo sia per rimanere in un ambito di legalità, sia per rivalersi sul costruttore per le garanzie, sia per l’eventuale responsabilità civile in caso di incidenti.
La grande maggioranza delle Pedelec prodotte oggi utilizzano un motore dislocato nella parte centrale della bicicletta, vicino la zona del movimento centrale. Questa dislocazione garantisce i maggiori vantaggi in termini di efficienza, comfort di guida e soprattutto di distribuzione del peso; questa posizione consente inoltre al costruttore di non modificare l’interasse della bicicletta rispetto alle biciclette tradizionali, con vantaggi conseguenti nel “feeling” di guida, che appunto è in questo modo identico a quello della bici tradizionale. Anche i motori dislocati sui mozzi garantiscono oggi dei livelli qualitativi elevati, ma questo standard nasconde problematiche in più, ad esempio quando si tratta di riparare una foratura, quando si deve caricare la bici in automobile o peggio quando si parla di guidabilità, visto che il baricentro in questo caso si sposta tutto o sull’avantreno i sul retrotreno della e-bike, a seconda di dove il motore è dislocato.
La batteria dell’e-bike
Passiamo all’unità batteria: tutte le moderne bici a pedalata assistita utilizzano batterie con celle agli ioni di litio ricaricabili, in grado di garantire dai 300 ai 500 Wh. L’autonomia ovviamente è variabile rispetto alla tipologia della batteria e al modo d’uso, in base cioè all’intensità dell’assistenza che si è soliti utilizzare. Si tratta quindi di un dato estremamente variabile, che indicativamente va dai 30 ai 90 chilometri circa per le batterie attualmente in circolazione. Gli accumulatori di una batteria vengono gestiti da un battery manager, che controlla le operazioni di ricarica e di erogazione dell’energia misurando parametri esterni come il la temperatura e l’umidità dell’aria oltre alla temperatura delle singole celle, valutandone stato di carica e di salute. È un sistema decisamente voluto, che assicura una capacità di ricarica della batteria prolungata nel tempo.