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Nel cuore della Val di Taro, Agriturismo “Carovane”
un paradiso per chi ama i cavalli, a quattro gambe o a due ruote.
Uscendo dall’autostrada a Borgo Val di Taro, si capisce subito con che tipo di territorio si ha a che fare: un posto ruvido e schietto, verdissimo, una lingua di Emilia che s’incunea tra i monti di Toscana e Liguria, rimasta com’era, più o meno cent’anni fa.
Terra di partigiani e ancor prima di antichi conquistatori, che si alternarono in modo per niente pacifico, come signori del Castello di Compiano, i Malaspina, poi i Landi, o i Visconti.
Ed è proprio a Compiano (Pr) che ci dirigiamo.
L’agriturismo ” Carovane” ci aspetta infatti sotto le sue mura imponenti, acquattato come un gatto in una valle verde e rigogliosa, fatta di boschi e fiumi e fiori e cascine in pietra, ma anche e soprattutto di pascoli e campi coltivati e stalle e scuderie. Sì, perchè “Le Carovane”, si trova all’interno di un’Azienda agricola che si sviluppa su circa 600 ettari di terreno.
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L’aria qui è frizzante e profuma di fieno,
con quel lieve sentore che trasmette immediatamente al cervello un’informazione: cavalli.
Infatti, manco il tempo di pensarlo, che il nostro anfitrione, Luca Marcora, padre e padrone dell’agriturismo e dell’azienda agricola ci accoglie in sella a un cavallo bardigiano, nella sua tenuta da lavoro: stivalacci e gilet pieno di tasche.
Davanti a un bicchiere di Malvasia e ad uno squisito pezzo di parmigiano, nella luce del tramonto che colora di rosa i prati e la torre del castello, ci racconta un po’ della storia di questo posto incredibilmente magico e molto vero, allo stesso tempo. Ci è arrivato appena nato, perchè suo padre, il Marcora che fu ministro dell’agricoltura, venne qui per una commemorazione partigiana e si innamorò di queste terre; prima ci fece la loro casa delle vacanze e poi l’azienda Agricola. L’agriturismo invece è nato dopo, è stata un’idea sua ed è, ci spiega, il contrario dei soliti agriturismi, che coltivano due piante in croce per potersi dichiarare tali. Qui invece, spiega,
l’azienda Agricola è l’attività principale e l’agriturismo, ne è una sorta di naturale conseguenza.
“Anche I cavalli che sono il cuore vero dell’agriturismo li alleviamo noi, attualmente sono 45
e ogni giorno portano i clienti in passeggiata nei boschi circostanti”.
E la bicicletta? Chiedo io, che sono di parte.
“La bicicletta è venuta dopo”, dice Marcora, “una sorta di estensione eco-sostenibile del cavallo. Volendo aprire anche ad altri tipi di turismo, quello ciclistico mi è sembrato il più simile, anche filosoficamente, a quello equestre. In più, oltre ad essere in una zona molto apprezzata e frequentata dai ciclisti da strada,
sulla rotta del Giro d’italia, questo territorio è l’ideale per la mountain bike.
Ho fatto una considerazione molto semplice:
i percorsi che vanno bene per i cavalli, vanno bene anche per le mountain bike:
sentieri tecnici, sempre puliti, quasi mai asfaltati, itinerari completamente selvaggi, strade bianche, fiumi da guadare, panorami mozzafiato…e poi le biciclette, sono un po’ i vostri cavalli, no?”…E ride.
E così, ha reso le “Carovane” un agriturismo bike friendly:
c’è il ricovero per le biciclette, la ciclofficina per le piccole riparazioni, la pompa per lavare le MTB e il compressore per gonfiare le gomme. Tracciati gps e mappe a disposizione e
una guida di mountain bike su richiesta,
come su richiesta c’è il noleggio, anche di quelle a pedalata assistita.
Per risolvere il problema tipico dei ciclisti inoltre, che è quello del pranzo (sempre troppo presto, se si sta facendo un giro serio), l’agriturismo viene in soccorso ai ciclisti tardivamente affamati con merende abbondanti.
Finita la chiacchierata (e il vino e il parmigiano) è pronta la cena.
La sala da pranzo che ci accoglie è da vero agriturismo:
tavoloni lunghissimi, dove tutti gli ospiti mangiano insieme, che è un ottimo modo per socializzare; tovaglie a quadretti, e profumo di cibo buono, mentre nella saletta adiacente ci sono i tavoli separati per i clienti del ristorante.
Lo chef Corrado
(che si imbarazza e ride se lo chiamo così) è nativo di Compiano e quindi maneggia gli ingredienti e le ricette del territorio con maestria congenita,
viene da dire, eppure confessa che ogni tanto gli piace uscire e prendere aria (gastronomica) e mettere naso e palato in altri luoghi, più o meno lontani, ma mai esotici.
Ma intanto, per restare in zona,
la Val di Taro è la patria riconosciuta del fungo porcino, ha vinto il premio Fungo d’oro 2017.
Noi siamo nella parte “ospiti dell’agriturismo” quindi a menù fisso, a differenza dei clienti del ristorante che hanno una carta da cui scegliere e quello che mangiamo è davvero squisito e molto abbondante: antipasto misto di salumi, sformatino di verdure, risotto ai funghi, inutile dirlo, raccolti nei dintorni, uno spezzatino che fa cantare gli angeli, patate al forno, tirami sù….
”Bisognerebbe aver pedalato invece che guidato” penso alzandomi a fatica da tavola, mentre vengo soccorsa da un bel bicchiere di Bargnolino, il liquore che si fa da queste parti con le bacche di prunolo, l’ideale per digerire cene così.
Facciamo due passi simbolici per smaltire il tutto nell’aria piena di lucciole che ci si chiede come facciano a sopravvivere, perchè di notte la temperatura scende davvero parecchio, e poi è ora di andare a letto, domani la guida ci aspetta per portarci a fare un gran giro impegnativo in mountain bike.
La camera è bella e spaziosa, arredata con il gusto delle case di campagna, senza fronzoli.
E il breakfast, abbondante e vario, è davvero all’insegna del millimetro zero.
Infatti, il latte viene portato giù direttamente dalle stalle la mattina presto,
per berlo appena munto e con quello vengono fatti lo yogurt, il burro, e le torte di nonna Papera. Anche le marmellate le fanno qui, con la loro frutta, e il pane con la loro farina,mentre le uova, le prendono fuori dalla porta, ancora calde di pollaio.
Mentre mi allontano riposata e satolla in sella a una bellissima mountain bike nella luce di un’alba tersa, ripenso a tutto quello che ho vissuto da quando sono arrivata qui, l’atmosfera, il cibo, le persone, gli animali e alla filosofia che sta dietro a tutto questo e mi rendo conto che
il fascino di questo posto, è esattamente quello di essere così, schietto e genuino.
Lo charme qui è tutto in quello che la natura offre gratis a chiunque ne voglia godere, nei profumi dell’aria, nel suo essere, “come una volta”.
Niente leziosità, niente “piccoli oggetti di design” qui, che fanno tanto boutique hotel e mentre lo scrivo, penso a come poco si sposerebbero con il rumore dei cavalli che si sentono in lontananza muoversi liberi nei prati, con l’odore del fieno, con le galline che razzolano tranquille per la gioia dei bambini, con gli asini sempre liberi nei prati che circondano l’agriturismo, che qui tutti chiamano per nome come vecchi amici.
Qui non si impiatta, ma si mangia servendosi dai piatti di portata,
grandi come la fame che ognuno ha dopo una giornata all’aperto, a montare a cavallo o in sella a una bicicletta, a pulire i cavalli, o a correre dietro le farfalle fin dove arriva il fiato, a fare il bagno nei fiumi freddissimi e corroboranti, in pozze dove ci si può tuffare.
Qui non ci si veste eleganti per la sera, ma si ha giusto il tempo di fare la doccia e di coprirsi bene prima che la temperatura vada giù.
Ecco, questa è la vera vacanza, lo stacco, il detox di cui soprattutto chi vive in città, in mezzo allo smog, al design e allo charme, ha tanto bisogno.
Adesso vado, che la guida mi aspetta e, se sopravvivo a questo giro in mountain bike, ve lo racconto e giuro che qui ci torno.
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