LA VIA FRANCIGENA: DA FIDENZA ALLA CISA L’APPENNINO

LA VIA FRANCIGENA DA FIDENZA ALLA CISA

Dopo Fidenza la Via Francigena riprende verso sud ovest, con dislivelli che sono le prime dolci provocazioni delle salite che verranno. E’ provincia di Parma, e per arrivare a Fornovo di Taro ci vogliono una trentina di chilometri di sterrati, provinciale e curve, come se la strada ogni volta stesse lì a ripensarci. Per chi viaggia in bicicletta è meglio caricare una borsa, oppure due, sul portapacchi dietro; una terza davanti se proprio si deve, e nessuna sulle spalle, se si riesce. Bici da strada e mountain bike vanno bene, con il cambio è meglio.

 

L’uscita dalla città è gradevole: prima via Gramsci, alberata e fresca se la stagione è quella giusta; poi una ciclabile per lasciare indietro le ultime case e prendere la strada Rovacchia fino a Osteria del Sole, che è un nome bellissimo per una località, non importa quanto grande. Si percorre con attenzione la provinciale 71, si ignorano le indicazioni per la Via Francigena di svolta a sinistra e si resiste in salita per arrivare a Costamezzana.  Qui c’è un Castello con l’anima del XIII secolo e le mura modificate nel corso dei secoli successivi. In paese invece c’è un ostello comunale, in via dell’isola al numero uno, che può ospitare una ventina di persone ma solo a dormire.

Si prosegue poi scendendo verso il fondovalle del Taro, sulla provinciale 64 che porta a Medesano. Qui l’aria è di bosco e la terra era d’acqua. Le colline che adesso accompagnano il fiume Taro e il suo parco fluviale erano sottomesse al mare, in un epoca così remota da sembrare fantascienza. Una magia provata dai reperti di origine neolitica e raccontata dal paesaggio, basta ascoltare, e in bici di tempo ce n’è.

DA MADESANO A FORNOVO DI TARO

Si esce da Medesano sulla ciclabile che affianca la provinciale 357 R, ma l’avvicinamento a Fornovo di Taro è un po’ mosso: dopo Felegara le indicazioni mandano a un sottopasso dell’autostrada che è sterrato, sconnesso e pure sbarrato, per cui bisogna portare la bici a mano. Stessa cosa poco dopo, sulla ciclabile dell’area golenale del Taro, davanti ai gradini di un ponticello sulla ferrovia. Di seguito si costeggia una cava, si sale una rampa e si fa un pezzo in contromano. Insomma ci si arriva, ma con attenzione. Il Taro si attraversa sulla ciclabile del ponte e dopo poca strada si arriva al duomo di Santa Maria Assunta. E’ una costruzione semplice, con una facciata a capanna fatta (e nel tempo rifatta) per riparare e proteggere i pellegrini che si fermavano lì, giusto a  metà strada tra la pianura e gli appennini, magari dopo aver guadato il fiume a piedi.

Si lascia Fornovo di Taro e si comincia a salire, a faticare, a stare bene. Pedalare in salita vuol dire danzare con la montagna ai ritmi lenti e duri, quindi giusti, che lei impone. E la danza porta in luoghi vicini e tempi lontani. Seguendo la statale 62 e poi la provinciale 39 si inizia a salire per prati e pascoli da dove comincia il viaggio del Parmiggiano Reggiano nel mondo. Poi i resti archeologici della villa romana di Roccolongo e proseguendo si arriva a una meraviglia del VI secolo, la pieve di Bardone, che merita la fatica della salita fatta per arrivarci.

 

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A Terenzo si incontra il sentiero pedonale della Via Francigena ma non è per biciclette e quindi va ignorato. Va bene continuare per la provinciale 48 e per la statale 62 della Cisa fino a Cassio, mentre le salite successive faranno raggiungere quasi mille metri d’altitudine a trenta chilometri dalla partenza. Sono quelle sul dorsale del monte Marino, che non è una contraddizione ma l’apice della fatica piacevole, casa senza muri, quadratura del cerchio del viaggiatore.

 

Dopo circa quattro chilometri in discesa si arriva a Berceto, tappa numero trentatré del cammino di Sigerico. Il centro storico è raccolto attorno al duomo di San Moderanno, con un bellissimo portale romanico e opere all’interno altrettanto importanti. Berceto ha sempre rappresentato per il pellegrino l’ultima sosta, l’ultimo saluto e l’ultimo pensiero di questa parte del valico appenninico. Per questo ci sono diverse possibilità di fermarsi, mangiare e dormire. E’ altrettanto utile però annotare la presenza dell’officina Malpeli, perché un’occhiata alla bici serve sempre; è dalle parti del casello dell’autostrada e si può chiamare allo 0525.60085

 

 

In uscita da Berceto si riprende per la statale, che ha ancora il coraggio di impennarsi fino all’8%. Si passa l’ostello che rimane sulla destra e proseguendo per una decina di chilometri si arriva al Passo della Cisa.

Siamo a mille metri tra mare e cielo, tra nord e sud, tra un mondo e un altro ma nello stesso pianeta.

Alessandro Avalli

alberta schiatti: Alberta Turbolenta Schiatti, creativa sempre in sella. A volte turbo, più spesso lenta, comunque contenta del proprio equilibrio instabile. Creative and Communication Consultant @Not Combing Dolls. Previously @S&S. Cyclist. Cook. Mom.