Cosa troverai in questo articolo:
Cosa ci hanno portato questi primi venti anni del millennio dal punto di vista dell’innovazione tecnica applicata alla bicicletta? Cosa ancora ci dobbiamo (o possiamo) aspettare? Ci siamo fatti questa domanda, con la consapevolezza di chi sa bene che anche più che in altri, nel settore della bicicletta ogni innovazione introdotta ed accettata è sempre punto di partenza per altri passi avanti e migliorie che dovranno (o potranno?) arrivare. Ci divertiamo allora ad elencare prima gli uni e poi gli altri.
La vera rivoluzione elettrica
Dire “e-bike” oggi è cosa comune, ma provate a fare un passo indietro nel tempo, immaginando cosa potesse evocare un vocabolo simile sul finire dei Novanta … Più che e-bike le bici elettriche di quegli anni erano motorini, bizzarre soluzioni che elettrificavano dei mezzi che nascevano come biciclette e che poi venivano convertiti per l’occasione. La vera rivoluzione elettrica che ormai ha cambiato nettamente i connotati del parco bici circolante nei Paesi avanzati ha preso forma sia quando la tecnologia ha messo a disposizione componenti e soluzioni tecniche adeguate per strutturare e-bike degne di questo nome, sia quando tutti i costruttori hanno capito che la bici elettrica non è mera elettrificazione di una bici muscolare, ma è un mezzo a sé stante, diverso dalla bicicletta classica, con caratteristiche, funzionalità e con un design tutti suoi. In fondo è soprattutto grazie a questa sua specificità e peculiarità che questo genere ha saputo conquistare segmenti nuovi di utilizzatori delle due ruote, gli stessi che mai avrebbero avvicinato una due ruote a pedali e che invece oggi sono i primi attori dell’autentico boom che sta vivendo la bicicletta nei nostri anni.
Materiali compositi non solo per le bici al top
Gli anni Duemila sono gli anni del carbonio, non c’è dubbio: dopo le prime e sporadiche sperimentazioni di fine Ottanta e inizio Novanta, il “materiale nero” si è definitamente affermato come materiale d’elezione per la realizzazione di parti ciclistiche: prima di tutto telai, ma anche forcelle, ruote e componentistica. La novità degli ultimi anni è che il carbonio – o più precisamente il composito con il carbonio come materiale principale della matrice – è oggi non più una soluzione adottata per le biciclette (o la componentistica) di altissima gamma: sì, perché grazie a standard di costruzione da stampo sempre più seriali e standardizzati e grazie ad un costo della materia prima molto basso, con il carbonio composito si producono oggi anche biciclette (e componenti) di fascia media, che in questo modo mettono a disposizione di una platea di pubblico assai ampia tutti i vantaggi che oggettivamente ha questo materiale non solo in termini di leggerezza, ma soprattutto per la sua estrema modulabilità che consente di personalizzarne le caratteristiche meccaniche ad un livello e in un modo che le tradizionali leghe metalliche non possono.
Elettronica nella gestione delle trasmissioni
La declinazione ciclistica più comune della meccatronica – nel senso più estensivo e comune che questo termine ha – è quella che ha rimpiazzato i tradizionali sistemi di trasmissione di tipo meccanico delle biciclette con quelle elettroniche (o secondo alcuni “elettromeccaniche”): la compresenza di meccanici ed elettronica è importante, perché sulle trasmissioni di questo tipo l’architettura dei componenti e il loro funzionamento rimane sempre quello tradizionale. A cambiare, appunto, è stato il modo in cui i vari componenti sono movimentati, gestiti e alimentati. E anche in questo ultimo caso l’industria applicata si è mossa con soluzioni interessanti, la più avanzata delle quali è quella che ha sviluppato (e poi rigidamente vincolato con una serie di brevetti) un sistema di trasmissione elettronico con parti che dialogano tra loro senza fili, in modalità WiFi. Fino a qualche stagione fa le trasmissioni elettroniche erano appannaggio solo delle bici di altissima gamma, oggi, invece, stanno progressivamente estendendosi ai livelli qualitativi inferiori, non fosse altro per la vigorosa spinta che l’elettronica applicata al settore ciclo ha subito grazie al boom delle e-bike, che fanno largo uso dell’elettronica non solo e non tanto per gli organi di trasmissione, ma più che altro per i sistemi che gestiscono motore e batteria.
Freni a disco non solo per l’off road
Quella dei freni a disco non è certo novità degli ultimi anni: nel mountain biking questo standard frenante aveva fatto breccia già da un bel po’. In realtà, per una serie di motivazioni essenzialmente commerciali era rimasto confinato lì; “approdare” alle biciclette da asfalto è stato più difficile, primo perché l’opinione comune è a lungo stata quella per cui lo standard del tradizionale freno a pattino era ampiamente sufficiente a soddisfare le esigenze tecniche di frenata, secondo perché il vero e proprio “faro di riferimento” che nel mondo dell’asfalto è rappresentato dai ciclisti professionisti ha temporeggiato non poco prima di accogliere questo tipo di freno sulle bici destinate ai grandi Giri e alle grandi Classiche. Oggi anche quest’ultima resistenza è stata rotta, le bici “disc” destinate all’asfalto non solo solo quelle dei grandi campioni, ma anche tante city bike, bici da trekking oppure urban, che anche per una questione legata alla semplice economia di scala, stanno via via rendendo sempre più economicamente appetibile questo standard, che a livello tecnico è oggettivamente più funzionale, più modulabile – e in generale più sicuro – dei vecchi freni “a pattino”.
Sospensioni “intelligenti”
I tempi in cui le biciclette ammortizzate “ondeggiavano” vistosamente quando ci si alzava in piedi sui pedali sono solo un lontano ricordo. Le soluzioni elastiche, in questo senso, hanno rimpiazzato gli ammortizzatori sempre attivi con delle soluzione “intelligenti”, in grado di stabilizzare la sospensione (sia quella della forcella anteriore ma anche della sospensione posteriore nel caso delle bici “full suspended”) sotto l’azione della pedalata, evitare così il fastidioso fenomeno del “bobbing” (che è appunto il termine tecnico che esprime l’ondeggiamento incontrollato, ed entrare in funzione solo quando serve, ovvero quando la bici incontra un ostacolo lungo la sua traiettoria. A guadagnarci sono sia il comfort, sia le prestazioni.
Camera d’aria addio: l’avanzata del tubeless
A inizio del millennio ci pensò un’azienda francese a declinare e brevettare in senso ciclistico uno standard tecnologico che era già largamente in uso sulla maggior parte delle ruote delle autovetture: il tubeless, lo pneumatico senza camera d’aria, che necessita di un cerchio specifico per essere utilizzato. Fu un tentativo timido, che riscosse un successo parziale, sopraffatto dalla praticità – e soprattutto dal prezzo estremamente più basso – del classico standard “copertura + camera d’aria”. Da qualche stagione il tubeless per bicicletta si è rifatto sotto, e questa volta sembra proprio che sia destinato a surclassare i vecchi standard, se non altro in virtù della tipologia specifica che lo contraddistingue oggi nel campo delle biciclette. Più che tubeless quello che si usa oggi sulle biciclette è un tubeless-ready e ai vantaggi della copertura senza camera d’aria (scarsa possibilità di forare, maggiore range di pressione possibile) aggiunge anche un prezzo che praticamente lo equipara ai “vecchi” e classici copertoncini.
E il futuro? Ecco cosa potrebbe riservarci
Come sarà la bici del futuro non possiamo certo definirlo con chiarezza; quel che è certo è che sicuramente potrà giovarsi di piattaforme tecnologiche che allo stato dei fatti sono già pronte e disponibili, ma che aspettano solo momento e contingenze giuste per superare lo step fondamentale sulla via della introduzione di uno standard tecnico: quello della commercializzazione su ampia scala. In questo senso, allora, è facile ed ovvio aspettarsi un utilizzo ancor più estensivo e capillare dell’elettronica su tutte le componenti della bicicletta.
Qualche esempio: esistono già molte aziende che propongono standard in grado di controllare elettronicamente i sistemi di frenata, oppure di verificare in remoto la pressione delle coperture.
Interessantissimi sviluppi possibili sono poi quelli relativi alle tecnologie di stampaggio tridimensionale, che consentono di realizzare manufatti controllando in modo incredibilmente preciso le caratteristiche meccaniche di quel componente o di quella parte di componente: con questa tecnologia ad oggi già si realizzano imbottiture delle selle, ma è probabile aspettarsi che a breve questi standard possano essere estesi anche alla fabbricazione di altre parti, ad esempio i fondelli dei pantaloncini, le protezioni da bicicletta oppure le calotte dei caschi.
Scenari possibili davvero eterogenei sono poi quelli che possono nascere dalla sperimentazione sui materiali compositi, che oltre al più “scontato” carbonio possono avvalersi di materiali diversi, primo tra tutti il grafene, che già ha trovato un impiego relativamente ampio sulle coperture e sui cerchi delle biciclette.
Una miriade di spunti di interesse nuovi si potrebbero poi scovare se dalle vere innovazioni tecniche si passa ad indagare sulle varie soluzioni possibili che può avere la bicicletta considerata nella sua architettura generale e nella logica di funzionamento delle sue componenti. In questo ambito, ad esempio, sarebbe interessante capire come andranno a finire i prototipi di bici da corsa con trasmissione a cardano e non più a catena, che sviluppo avranno i sistemi di cambi di velocità sempre più leggeri ed efficienti integrati nel mozzo oppure che architettura avranno le folding bike o le cargo bike degli anni a venire … Sono tutti argomenti e spunti interessanti e stimolanti, per carità, che però deviano dall’innovazione tecnologica in senso puro e riguardano piuttosto interpretazioni moderne di standard tecnici anche molto vecchi. Ma in fondo, la bici del futuro sarà proprio il risultato della combinazione della migliore interpretazione di standard tecnici anche del passato con tutto ciò che di davvero innovativo sarà disponibile in quel momento.