In bicicletta alleniamoci con il cuore

Metodologia e tecnica di allenamento nel ciclismo hanno fatto un salto qualitativo sostanziale quando, una ventina di anni fa, il parametro della potenza erogata si è aggiunto a quello della frequenza cardiaca come strumento per monitorare la performance, valutarla e impostare uno schema allenante mirato per lo specifico atleta.

La potenza espressa sui pedali è però di un parametro di non facile interpretazione, che ci sentiamo di circoscrivere all’ambito del ciclismo professionistico o al massimo a quello amatoriale (molto) evoluto.

Per tutti gli altri, cicloturisti inclusi, la frequenza cardiaca rimane il parametro principe per monitorare e condurre un’attività sportiva finalizzata principalmente al benessere e alla fitness, e molto meno alla prestazione e alla competizione.

Saper interpretare la frequenza durante (ma anche dopo) lo sforzo è per questo un aspetto importante anche per lo sportivo “della domenica” ed è parametro monitorabile con una spesa minima, ovvero quella che serve oggi per acquistare un cardiofrequenzimetro basico, che sia questo un sensore di frequenza cardiaca o uno sportwatch con la rilevazione dal polso.

Più complesso, invece, è interpretare correttamente i dati forniti. Questo servizio nasce espressamente per questo.

La frequenza cardiaca: cosa è, come si rileva

La frequenza cardiaca indica quante volte il nostro cuore batte in un minuto (BPM). È possibile calcolare la frequenza cardiaca cercando il battito dal collo o dal polso e contandoli per 15 secondi, per poi moltiplicare quel numero per quattro.

Nel ciclismo lo strumento migliore per una misurazione semplice, accurata e continuativa è il sensore di frequenza carica che interagisce con un ciclocomputer. Anche uno sportwatch può andar bene, ma si presta meno ad essere posizionato sul manubrio, per questo è meno indicato per il nostro sport.

La frequenza cardiaca media

Non esiste una frequenza cardiaca “normale” o “migliore”. Ognuno di noi è unico e differente in quanto a età, parametri fisici, livello di forma fisica, stile di vita, eccetera.

Parlando però di frequenza cardiaca “media”, i riferimenti che seguono rappresentano una valida indicazione per capire lo stato di forma del cuore e quanto le funzionalità di quest’ultimo cambiano in funzione dell’età, dello stato di allenamento, del grado di riposo e della misurazione sotto sforzo o a riposo.

La frequenza cardiaca massima

Pur se esistono molti altri fattori che influenzano, la formula “220 meno l’età” rimane un riferimento valido per individuare il livello di frequenza cardiaca massima. Nel ciclismo questo valore viene raggiunto solo in caso di sforzi massimali, nei momenti “clou” delle gare oppure al termine di una salita fatta “a tutta”.

In allenamento la cosiddetta “FC Max” è da considerare solo come valore di riferimento, visto che – tranne il caso di atleti di altissimo livello – non è facile raggiungere questo livello.

È inoltre vero che se il fisico ha un elevato grado di allenamento, se non ha recuperato all’indomani di un allenamento intenso o peggio se si stanno prendendo farmaci come i betabloccanti, per il fisico è ancora più difficile raggiungere volontariamente quella frequenza massimale.

La frequenza cardiaca a riposo

La frequenza cardiaca a riposo è il valore opposto alla frequenza cardiaca massima: indica il valore delle pulsazioni in condizioni di assoluta inattività e immobilità. Convenzionalmente la si controlla al mattino, appena svegliato.

In riferimento al ciclismo, o in genere agli sport di resistenza, un’opinione ricorrente vuole la frequenza cardiaca a riposo come valore altamente predittivo delle capacità di prestazione di un atleta: in particolare si sente dire che più la frequenza cardiaca a riposo è bassa, maggiori saranno le qualità atletiche di quel oggetto.

Questo è vero solo in parte. O meglio: è vero che negli individui molto allenati, o più precisamente in quelli che praticano discipline di resistenza da molto tempo, l’attività fisica porta spesso ad abbassare di molto la frequenza cardiaca del muscolo cardiaco (fino a 40 battiti al minuto); ma non c’è alcun legame diretto tra questo valore e le reali capacità aerobiche di quel ciclista.

Le zone di frequenza cardiaca

La scienza dello sport, e in particolare la metodologia sportiva degli sport di resistenza, ha convenzionalmente individuato cinque zone di frequenza cardiaca che partono dal riferimento della frequenza cardiaca massima: la Zona 1 (Molto leggera) corrisponde al range 50–60%, la  Zona 2 (Leggera) corrisponde al range 60–70%, la  Zona 3 (Moderata) corrisponde al range 70–80%, la Zona 4 (Intensa) corrisponde all’80–90%; infine la Zona 5 (Massima) corrisponde al 90–100%.

Un corretto piano di allenamento vuole che tutti i range cardiaci vengano stimolati (ovvero vengano “allenati”) nel corso di un piano allenante.

Dovrà in ogni caso essere un tecnico, un allenatore esperto o un metodologo dell’allenamento a stabilire l’esatta ripartizione, la distribuzione e la frequenza tra questi range nella cosiddetta “scheda” di allenamento personale; è sconsigliato il “fai da te”, e questo anche se si dispone di una buona conoscenza e competenza della materia. L’allenatore deve infatti sempre essere figura a parte rispetto al soggetto che si allena, se non altro per una serie di importanti implicazioni psicologiche riferite al rapporto atleta/allenatore.

Le zone di frequenza target

La FCmax e le zone di frequenza cardiaca sono una guida eccellente per formulare un piano di allenamento mirato rispetto a un obiettivo.

Le zone di frequenza da stimolare all’interno di un piano di allenamento non sono solo in funzione dell’età e delle caratteristiche del soggetto; molto incide anche il tipo di qualità atletica che più si vuole ad andare ad allenare; ad esempio, se si vuole migliorare la resistenza cardio-respiratoria, si dovrà impostare la zona di frequenza cardiaca target indicativamente tra il 50% e l’85%  della FC max, e di conseguenza costruire un piano di allenamento che incorpori esercizi soprattutto all’interno di questa.

La soglia aerobica

Conoscere e interpretare il rapporto tra frequenza cardiaca e durata del lavoro è un aspetto importante in una disciplina di resistenza come il ciclismo per individuare i meccanismi metabolici che portano il fisico a produrre energia. La contrazione muscolare che origina il movimento può infatti essere in presenza di ossigeno (lavoro aerobico) oppure in assenza di ossigeno (anaerobico): la soglia tra questi due regimi è non a caso definita soglia aerobica/anaerobica e può essere espressa anche in termini di frequenza cardiaca.

La soglia è un riferimento essenziale per l’allenamento del ciclista: sia che la si esprima in battiti che in potenza espressa i suoi margini di miglioramento sono relativamente ampi e ancora una volta molto dipende dall’età e dal livello atletico del soggetto in questione: in genere, abbassare il riferimento cardiaco di soglia di tre o quattro punti ha una grande incidenza nella prestazione.

Anche in questo caso, deve essere l’allenatore a definire quali regimi (aerobici o anaerobici) andare a stimolare nell’allenamento, quale durata devono avere i lavori, a quale intensità questi vanno eseguiti e con quale frequenza attraverso le cosiddette “ripetute”.

La variabilità cardiaca

È un errore pensare che il nostro cuore batta sempre in modo regolare, come un orologio. Ci sono continue variazioni di cui non ci rendiamo conto, esattamente quelle definite come “variabilità cardiaca”. Un’elevata variabilità cardiaca è indice di buona salute del cuore.

La variabilità cardiaca misura (in millisecondi) l’intervallo tra un battito e l’altro, tracciandone la variazione. Sorprendentemente, un’elevata variabilità cardiaca è indice di buona salute del cuore.  La variabilità cardiaca dice molto sullo stato di salute fisica e mentale. È anche un ottimo strumento da usare quando si cambia piano di allenamento, per verificare come il corpo vi si stia adattando.

Il VO2Max

Il massimo consumo di ossigeno (Vo2Max) è il test che ha la migliore valenza per conoscere lo stato di forma di un ciclista.

Indica infatti il volume massimo di ossigeno che un individuo è in grado di utilizzare durante l’esercizio e proprio per questo definisce le capacità/attitudini atletiche di una disciplina in cui la componente aerobica è essenziale.

Nel valore di Vo2Max sono chiamati in causa parametri non solo cardiaci, ma anche polmonari, circolatori e muscolari. Il test del Vo2Maxc è adatto solo per atleti di alto livello e definisce un riferimento basilare per capire come tutti gli organi coinvolti nell’esercizio fisico sono pronti per pedalare al meglio, e farlo il più a lungo possibile.

Maurizio Coccia: Ex agonista, prima della mountain bike, poi della bicicletta da corsa, tuttora pedalatore incallito, soprattutto su asfalto. Ha scritto per oltre quindici anni sulle storiche riviste “La Bicicletta” e “ Bici da Montagna". Si occupa di informazione su riviste specializzate di biciclette e portali on-line, soprattutto di tecnica e di nuovi prodotti.