Le otto insidie della guida con la bicicletta gravel

In un recente passato ci siamo occupati dei fondamentali per guidare la bicicletta gravel.

Torniamo ancora sull’argomento per svilupparlo in modo più specifico: questa volta ci dedichiamo ai principali rischi connessi con la guida di un tipo di bici che della versatilità d’uso fa la sua natura, che della capacità di andare sia su asfalti veloci che su fuoristrada sdrucciolevoli fa il suo punto di forza; ma che proprio per questa serie di ragioni implica attenzioni particolari nella conduzione del mezzo.

Abbiamo individuato otto punti critici: li scopriamo nel dettaglio occupandoci prima delle più numerose e frequenti problematiche “off-road”, poi delle meno frequenti (e a volte inaspettate) problematiche di guida su asfalto.

1 – In fuoristrada: perdita di aderenza dello pneumatico

Nel 90 per cento dei casi è lo pneumatico anteriore che perde aderenza quando il fondo non é asfaltato. L’anteriore può slittare via o in curva oppure può farlo nel caso in cui lo pneumatico incontri una contropendenza, peggio un canale che fende longitudinalmente la sede stradale. La scelta del tipo di pneumatico può incidere molto per evitare problemi di questo tipo: è ovvio che si parla di guida gravel in fuoristrada gli pneumatici in gioco dovranno essere adeguatamente tassellati. In realtà, più che la tassellatura della gomma, quel che conta è la pressione a cui questa è stata gonfiata. Quest’ultima dovrà sempre essere in funzione prima del peso dell’utilizzatore, poi della sezione dello pneumatico stesso e infine del tipo di fondo che si va ad affrontare, ma è fuori di dubbio che le pressioni in fuoristrada dovranno essere indicativamente basse, anche di un terzo rispetto a quelle che si adottano su asfalto su una ipotetica road-bike.

2 – In fuoristrada: cadute e rigidità del corpo

Le cadute in fuoristrada con la bici gravel sono più frequenti se chi è alla guida ha una pozione e un atteggiamento errato per questo tipo di fondo e di situazione: la rigidità del tronco, e ancora peggio delle braccia, sono il peggiore alleato dell’equilibrio su fondi non asfaltati (ma in realtà anche di quelli asfaltati): le braccia non dovranno mai essere completamente tese, ma produrre un certo angolo tra braccio e avambraccio. Da parte loro il tronco dovrà quanto più alleggerire la pressione sulla sella, nel senso che si dovrà pedalare con il sedere leggermente sollevato, quanto più la tecnicità del percorso aumenta.

3 – In fuoristrada: se il fondo è secco

La capacità di guida di un “gravelista” è prima di tutto capacità di “leggere” il fondo su cui va a mettere gli pneumatici. In questo senso il terreno secco è sicuramente meno complesso da affrontare rispetto a quello molle, ma proprio per questo è a volte anche il più insidioso in quanto subdolo. Sterrati secchi e polverosi, sui quali non piove da giorni e giorni sono i peggiori in fatto di aderenza. In condizioni di secco sono molto più scivolosi i fondi con terra fina, quasi sabbiosa, rispetto a quelli con pietre smosse o rocce affioranti. Ancora una volta la guida dovrà essere accorta soprattutto in curva, dove la “partita” tecnica si gioca sempre sul doppio fronte delle pressioni e della posizione del corpo.

4 – In fuoristrada: i vari tipo di fango

Il fango mette a dura prova le capacità di guida del gravelista: croce e delizia dei mountain biker (che spesso sul fango si divertono “danzando” con le loro coperture di grossa sezione) il fango è decisamente problematico quando lo si affronta con una gravel  provvista di coperture non troppo generose (ancorché tassellate). In questo senso e in questo caso la capacità di leggere il terreno deve tradursi in capacità di capire che tipo di fango si va ad affrontare: diversamente da quel che si potrebbe pensare il fango liquido è il più facile da affrontare: la sua bassa densità consente agli pneumatici di andare ad attecchire sul fondo più duro che si trova al di sotto. Diverso è il caso del fango denso, quello che si “impasta” maledettamente sugli pneumatici: la parola d’ordine in questo caso è alleggerire il più possibile il peso sul manubrio, posizionando il corpo in modo da assecondare nel modo migliore possibile eventuali (e improvvise) perdite di aderenza, che in questo caso potranno allo stesso modo essere sia sull’anteriore che sul posteriore.

5 – In fuoristrada: scarso controllo di guida e assetto della bici

In questo caso non ci riferiamo al fondo e non ci riferiamo a tipologia o pressioni degli pneumatici; parliamo invece di quei problemi di guida che nel fuoristrada vanno ad incontrare i tanti che sulla loro gravel adottano un assetto mutuato (o identico) a quello di una bici da corsa. La bici gravel con cui si affronta anche (o prevalentemente) lo sterrato deve necessariamente avere uno stack, ovvero – per essere sintetici – un’altezza del manubrio, molto più elevata rispetto a quella che caratterizza una bici da corsa. La geometria dei telai gravel è fatta apposta per assecondare questa esigenza, ma a volte questo può non bastare, nel senso che, quanto più la guida sarà su sentieri o strade tecniche, quanto più sarà meglio rialzare un poco la guida attraverso gli appositi distanziali che si mettono sotto l’attacco manubrio.

6 – In fuoristrada: altezza sella e difficoltà di guida

Direttamente collegato al punto 5 è il fattore che lega le abilità di guida all’altezza sella: se si parla di gravel è quasi sempre sbagliato adottare le classiche formule di determinazione dell’altezza e dell’arretramento sella mutuate dal ciclismo su strada. La sella nella bici gravel dovrà tendenzialmente essere posizionata più in basso rispetto a quella di una guida solo su asfalto, a causa delle situazioni diverse che si vengono a trovare nel fuoristrada. Allo stesso modo la sua posizione dovrà tendenzialmente essere più avanzata, per ottenere un assetto del corpo più centrale, che sappia gestire meglio le maggiori difficoltà di cui necessità l’equilibrio in fuoristrada. A chi va anche con la bici da corsa ricordiamo dunque che applicare pedissequamente la posizione della road bike sulla gravel è la cosa più sbagliata che si possa fare. Chi passa alla gravel dalla mtb? È lo stesso, pur se in questo caso il confronto è meno praticabile, perché le due tipologie di biciclette sono geometricamente troppo diverse tra loro.

7 – Su asfalto: quei tasselli pericolosi

Cambiamo adesso panorama e passiamo alla guida gravel su asfalto: Un’attenzione particolare va prestata alla guida in curva con gli pneumatici tassellati: le coperture gravel sono una via di mezzo tra quelle da strada e quella da mtb, ma non è pensabile affrontare le curva in discesa come si avessero delle gomme slick da road bike. La tenuta è minore, soprattutto per via dei tasselli laterali pensati per garantire maggiore grip fuoristrada, non certo per effettuare “pieghe” al limite su asfalto.

8 – Su asfalto: attenzione ai manubri flare

Questo ultimo punto è dedicato in particolare a chi pratica gravel facendolo in concomitanza (oppure avendo un trascorso) con la pratica del ciclismo su strada: un dettaglio cui badare è quello dei manubri cosiddetti flare di cui sono provviste le gravel, ovvero con le code terminali “aperte”, che “guardano” all’esterno. Estremamente funzionale e comodo in fuoristrada, questo profilo è talvolta meno gestibile su asfalto, dove può essere più ingombrante e dove non produce alcun vantaggio reale in termini di guida.

Maurizio Coccia: Ex agonista, prima della mountain bike, poi della bicicletta da corsa, tuttora pedalatore incallito, soprattutto su asfalto. Ha scritto per oltre quindici anni sulle storiche riviste “La Bicicletta” e “ Bici da Montagna". Si occupa di informazione su riviste specializzate di biciclette e portali on-line, soprattutto di tecnica e di nuovi prodotti.