difficoltà: FACILE
distanza: 29 km
superficie: sterrato 30% / asfalto 10% / basolato 30% / sassoso 30%
dislivello: 332m
inizio: stazione ferroviaria di Monte San Biagio
fine: stazione ferroviaria di Itri
La Regina Viarum, la prima autostrada della storia, l’Appia Antica, conduceva dall’Urbe fino alle province del sud, a Brundisium: oggi di questa maestosa infrastruttura d’epoca repubblicana rimangono molte tracce, a testimonianza che i romani quando costruivano qualcosa – all’epoca, almeno – la facevano per bene.
L’immagine classica dei suoi primi 20 km, quelli protetti per iniziativa di Antonio Cederna con uno dei musei a cielo aperto più grandi del mondo, il parco Regionale Archeologico dell’Appia Antica, ce li ricordiamo tutti: uno stradone dritto, impassibile, dove il basolato di pietra lavica scandisce il ritmo coi suoi pietroni tondi, delimitato dai pini marittimi nella pianura della campagna a sud di Roma, segnati dal passaggio delle ruote dei carri secolo dopo secolo.
Ritrovarsi però quei lastroni tra le montagne costiere del basso Lazio, in un paesaggio rurale e immerso nella natura, fa un certo effetto: è straniante innanzitutto per un romano immaginare l’Appia Antica fuori da Roma, a più di cento chilometri da casa, e sapere che quella strada così lineare e pianeggiante segue anche dei tratti in notevole salita tra gli ulivi e i Monti Aurunci.
Ma andiamo con ordine.
Questo percorso ci porta in pochi km e difficoltà irrisoria in una varietà di paesaggi affascinante, alla scoperta del Basso Lazio, della Piana di Fondi e delle propaggini costiere dei Monti Aurunci. Per arrivarci da Roma è possibile servirsi della linea ferroviaria regionale, che permette il trasporto bici in apposito vagone, con un supplemento giornaliero di 3,50€.
Dalla stazione di Monte San Biagio, quella subito dopo Terracina, attraversiamo la trafficata Appia nuova con un viadotto, per goderci un po’ di Agro Pontino per una delle tante strade di bonifica che costeggiano la ferrovia, praticamente una ciclabile naturale data la percorrenza quasi nulla di traffico motorizzato.
Qui seguiamo i canali alimentati dal Lago di Fondi, lungo strade rettilinee e pianeggianti, dove l’abitante principale è Sua Maestà la Bufala, responsabile delle inimitabili mozzarelle prodotte nella zona: arriviamo così su strade bianche e per fattorie fino alla città di Fondi, e davanti a noi cominciano ad apparire i primi rilievi.
I Monti Aurunci infatti si tuffano in mare qualche chilometro più in là, tra Gaeta e Sperlonga, mentre noi ci addentriamo nel loro interno, con meta il borgo medievale di Itri.
Usciti da Fondi, infatti, guadagniamo un po’ di pace allontanandoci dalla via Appia Nuova grazie a stradine secondarie tra vigne e uliveti, che ne incrociano spesso il corso senza mai portare il ciclista in mezzo al traffico. Qua e là, casette sparse e bestie al pascolo.
Qualche km dopo, un cartello su via Appia ci informa dell’inizio del tratto archeologico, circa 5 km in un eccellente stato di conservazione: se in prossimità di Roma la strada romana è stata utilizzata anche nei secoli successivi alla caduta dell’Impero, da queste parti le asperità del luogo hanno preservato il lastricato, donandogli anzi un’atmosfera surreale tra le colline impervie.
Il percorso prosegue sconnesso e in salita per tre o quattro chilometri, passando davanti ai resti del Tempio di Apollo, arroccato sulla sommità di un rilievo. Dei pannelli informativi danno ragguagli al viandante curioso e paziente abbastanza per leggerli, mentre un tratto di strada conserva ancora le pietre miliari che determinano il confine del comune di Fondi da quello di Itri, scolpito nel marmo.
Il fondo stradale di questo tratto, lungo circa 6 km in tutto, è fattibile in mountain bike, alternando sassi a single track, anche se qualche sprovveduto come noi durante la ricognizione ha preferito affrontarlo con bici da strada d’epoca.
A un certo punto la strada riporta obbligatoriamente su via Appia Nuova, e ci attendono ancora due tornanti in salita prima di arrivare al valico in prossimità del cimitero di Itri, che segna l’imminenza dell’arrivo in paese.
Da qui una forte discesa ci porta in centro, ostentando la fiera mole del Castello di Itri, che pare uscito da atmosfere tolkeniane, e conserva dentro di sé secoli di storia, leggende e dicerie di principesse rapite, fantasmi e coccodrilli nei fossati – ma questa è un’altra storia, e da qui alla stazione per tornare a Roma ci sono solo poche centinaia di metri.