Roma, periferie e parchi in mtb

Roma è una delle capitali con più aree verdi d’Europa.

Nonostante il cemento che l’ha soffocata dal Secondo Dopoguerra, nella Capitale resistono alberi, macchie e cespugli.

E la cosa bella è che questi parchi, riserve e zone incolte formano una rete.

Una sorta di Grande Raccordo Anulare, ma su vie tortuose, cercando incessantemente lo sterrato. Occhio, non stiamo parlando del GRAB, ma di qualcosa di pubblico, anarchico e molto meno strutturato. Un po’ come Roma stessa.

lunghezza: 90 km
dislivello: 1203m +
fondo stradale: sterrato 60%, asfalto 20%, pista ciclabile 20%

Una sorta di gioco a evitare l’asfalto e la cosiddetta civiltà,

un po’ come avviene nei classici trail MTB, con la differenza che qui il campo di gioco è una delle aree urbane più vaste d’Europa. E la prospettiva di fare 90 km di strade, sterrati e sentieri senza mai allontanarsi troppo è un ulteriore vantaggio logistico.

Scegliamo come ideale punto di partenza il Parco degli Acquedotti,

che fa parte di quell’enorme cintura verde che come una spina nel fianco sud della Capitale permette di pedalare in tranquillità dal Colosseo ai Castelli Romani. E dove le pecore pascolano ancora, come in un dipinto romantico tedesco dell’Ottocento.

Spostandoci verso sud, la seconda area verde che incontriamo è il

Parco Regionale dell’Appia Antica, la regina viarum che dall’Urbe portava fino a Brindisi.

Allo sterrato e single track degli Acquedotti si sostituisce il basolato e il sanpietrino: in ogni caso serve una buona forcella ammortizzata.

Ma questa atmosfera irreale dura solo una manciata di km in pianura; il tempo di cambiare quadrante e di tuffarsi in un’altra oasi naturale, molto meno nota e turistica.

La Tenuta di Tor Marancia è territorio di piccole macchie di rosmarino

selvatico e campi di grano. Qui possiamo continuare il nostro giro tra sentierini in terra battuta e cave di tufo che furono nascondigli durante l’ultima guerra. Nel frattempo, Roma indossa un nuovo abito, più spartano, meno elegante, più periferico.

Dalla selvaggia tenuta di Amaranthus, liberto romano che diede il nome a questo luogo, ci ritroviamo in un altro luogo surreale ai confini della città.

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di cemento grigio, non brilleranno per bellezza, ma la loro architettura razionalista tipica del ventennio dà loro un’atmosfera da videogioco, ideale da esplorare in bicicletta. Ma anche qui alterniamo larghi stradoni asfaltati a orti urbani e zone apparentemente dimenticate dalla cementificazione selvaggia.

Seguendo la traccia fin sotto al Colosseo Quadrato,

imbocchiamo il “passaggio segreto” di via del Cappellaccio, che ci conduce sulla ciclabile della Dorsale Tevere. Svoltando a destra su quest’ultima e percorrendola per qualche km cambiamo sponda del fiume. E con l’occasione, anche atmosfera.

Il Trullo è la borgata romana per eccellenza,

quartiere popolare e vivace, permeato da un tessuto sociale vario e da atmosfere pasoliniane. Un paio di passaggi (segnati sul gps) per evitare gli svincoli autostradali e una breve salita: da qui il trionfalismo fascista dei mostri di marmo dell’EUR risaltano in maniera ancor più stridente col grano selvaggio di Monte Cucco, piccolo rilievo che pare resistere attorniato da autostrade e abusivismi edilizi. Qui la strada si fa di nuovo sterrata, e non è raro incontrare greggi di pecore (occhio ai cani da pastore!).

 

Ma non siamo neanche a metà del nostro giro.

Oltrepassiamo la Valle dei Casali addentrandoci nel quadrante ovest della città, tra i quartieri di Monteverde e Pisana, ed entriamo nel più grande parco di Roma, Villa Pamphili. Tagliata in due dalla via Olimpica, che fu costruita per velocizzare il trasporto degli atleti da Fiumicino allo Stadio in occasione del 1960, è stata teatro di scontri tra Garibaldini e francesi ai tempi della Repubblica Romana. Il bosco sul suo lato di via della Nocetta offre un single track piuttosto tecnico e divertente che viene spesso usato dagli amanti della mountain bike per allenarsi.

Ma proseguiamo in direzione nord:

Entriamo nel Parco del Pineto, altra grande area verde aperta giorno e notte,

che sale lungo la dorsale prima di diventare Monte Mario, il punto più alto di Roma. Ideale prosecuzione di Villa Pamphili nel quadrante ovest dell’Urbe, offre altri sentieri collinari con un panorama d’eccezione sul centro e sulla Valle del Tevere. Dopo aver oltrepassato il Parco Lineare di Monte Ciocci, recente infrastruttura ciclabile che connette la periferia al centro, è ora di fare un po’ di salita ed addentrarsi negli sterrati della Riserva di Monte Mario. Ed è di nuovo bosco e natura, in piena Roma. Sebbene la quota non superi i 136 metri sul livello del mare, ci sono punti abbastanza difficoltosi e tecnici sia in salita che in discesa che i più esperti troveranno molto appetitosi. Giunti in cima a Monte Mario, nei pressi del celebre bar Lo Zodiaco, la vista su Roma è spettacolare.

Non resta che gettarci in una divertentissima discesa a tornanti,

resa piuttosto impegnativa dal fondo su ciottoli, che ci fa perdere tutta la quota guadagnata fino a passare nei pressi dello Stadio Olimpico. A questo punto è necessario collegare il prossimo parco con un po’ di strade convenzionali e condivise col traffico:

attraversiamo di nuovo il Tevere su Ponte della Musica, che è ciclopedonale,

percorriamo via Guido Reni, via Flaminia e tramite la ciclabile di Valle Giulia entriamo nei successivi due parchi, rispettivamente il secondo e terzo per estensione a Roma: Villa BorgheseVilla Ada. Qui ci riallacciamo a tratti di percorso del GRAB. Proseguiamo su larghi vialoni sterrati nella vegetazione fino a un grazioso laghetto.

Il resto del percorso è molto simile al GRAB, anche se preferisce alternative più “wild” per fare quanto più sterrato possibile. Dopo la Ciclabile dell’Aniene e la Riserva Naturale dell’Aniene, altra meravigliosa cintura verde lungo il fiume, per passare il quadrante est è necessario servirsi di strade asfaltate e di tratti di ciclabile Togliatti.

Da qui passiamo per i parchi di Roma est, Villa Gordiani e Villa de Sanctis,

per tornare al punto di partenza al Parco della Caffarella.

 

Claudio Mancini: Cicloturista per vocazione, ciclista urbano per necessità, sono felice del fatto che dove finiscano le mie zampe inizi sempre un paio di pedali. In sella a bici scassate ho attraversato l'Europa e valicato passi montani, e finora sono sempre tornato a casa. Mi piace scoprire in modo grottesco e poetico i posti che attraverso, dall'alto dei 20 km orari. Adoro il cibo locale e l'aggettivo "casareccio", le strade provinciali e i passaggi a livello. Scrivo diari di viaggio per ricordarmi per quali luoghi sono passato (www.abbondantiedozzinali.it).