Itinerario in bicicletta nelle Langhe del tartufo
C’è tartufo nell’aria. Il profumo prezioso è dappertutto tra le colline delle Langhe nel week end dell’Asta Internazionale del Tartufo. Il Castello di Grinzane Cavour è vestito a festa. Maestoso e possente, domina il suo crinale di colline illuminato anche di notte. Gli sbandieratori d’Alba in costume storico accolgono i compratori venuti da tutto il mondo. L’annata è da record. Il ricavato totale dell’Asta 2016 ammonta a 450.000 euro. Basti dire che l’edizione 2015 aveva raccolto 287.500 euro; battuto persino il record storico del 2007 di 364.600 euro. Il lotto finale, un incredibile esemplare di tartufo di oltre un chilo (1.170 grammi per l’esatezza), è stato conquistato dallo chef cinese Zhenxiang Dong, per l’iperbolica cifra di 100.500 euro.
In bici nelle Langhe
Ma mentre compratori illustri di casa nostra come il re della sfoglia Giovanni Rana, e quelli in collegamento via satellite da Philadelfia e Hong Kong, si sono contesi a colpi di rilanci il profumato e prezioso “Tuber Micheli” bianco d’Alba, noi di viagginbici.com ci siamo lasciati inebriare da un’altra unicità delle Langhe: la sua fuga di colline, che come quinte teatrali si danno il cambio, l’una dopo l’altra, crinale dopo crinale, cucite insieme dal reticolo di strade silenziose e tranquille anche in questo fine settimana in cui gli occhi del mondo sono sulle Langhe.
E se per caso all’orizzonte c’è un pullman di turisti in visita alle prestigiose cantine azienda che aprono le loro porte a chi vuole inebriarsi di profumo di Barolo, Barbera, Nebbiolo, Dolcetto, c’è sempre una salita (o discesa) meno battuta dove svoltare senza paura. Specie se si è guidati da Bruno Angeli, biker per passione e per mestiere che con la sua Cycling North Italy porta tra queste colline pedalatori di ogni parte del mondo.
«Pedalabilità al 100%: questa è la caratteristica delle nostre Langhe. Perché a voi che venite da pianure o città trafficate – spiega orgoglioso Bruno – dove riuscire a ritagliarsi itinerari per far andare le gambe in tutta sicurezza è un’impresa, sembrerà un sogno aver strade adatte anche alle più esigenti bici da strada; sempre ben tenute, ma dove se incontri due macchine in mezz’ora è tanto». Nato tra queste Langhe Patrimonio dell’Unesco, Bruno ne conosce ogni piega e adatta i percorsi a gambe e polmoni di tutte le età.
Il nostro punto di partenza e l‘Hotel Ai Tardì a Diano d’Alba, uno dei caratteristici paesini che puntellano queste colline con le loro vestigia medievali, i tipici mercatini al profumo di nocciola e miele la domenica mattina, e i misteriosi ex monasteri poi divenuti ville private, poi per un po’ tornati luoghi di culto, infine abbandonati o donati al municipio. Questa in breve la storia di un luogo mistico e magico detto Lo Spianamento, qui a Diano: c’è un ex chiostro, c’è un ex campanile, c’è un evocativo pozzo considerato il centro d’energia del luogo, tutto però serrato e coperto da rampicanti dai colori autunnali e in attesa di nuovo utilizzo.
Torneremo a saperne di più. Ora c’è da pedalare. Vogliamo seguire il primo dei suggerimenti di Bruno. Arrivare dai 490 mt di altitudine di Diano, lungo la provinciale 32 fino ai quasi 800 di Bossolasco. I numeri possono far paura, la dolcezza della pendenza però è agevole e soprattutto si arriva presto su un crinale in quota da dove a destra ci fa l’ occhiolino il Monviso e tutta le già bianche vette delle Alpi. I vigneti sono pettinati dai loro filari ordinati. Ogni borgo, come Montelupo o Val Gaia, offre una possibilità di pausa stuzzicante. All’arrivo a Bossolasco stradine e ponti di pietra conducono alla piazza con il Belvedere, e la possibilità di prendere un panino: prosciutto crudo e la caratteristica tuma d’Fe, di pecora, è quel che ci vuole.
Per continuare il giro c’è l’imbarazzo delle scelta su quale strada prendere per rientrare verso Diano. Sfidiamo i tornanti che scendono a Sinio, un susseguirsi di curve dove chi vuole può lasciar andare le gambe, altrimenti ci sono sempre paesini e vigneti da osservare tirando i freni. Attenti però: in collina è la regola che ad una rapida discesa segue qualche strappetto in salita. Ma, senza fretta e pure con qualche pausa, si arriva in cima.
Come primo giorno abbiamo messo in cantiere circa 45 km e 788 mt di dislivello. Ce la siamo meritata la cena stellata al Castello Grinzane Cavour, tra spuma di cardo con fonduta profumata al tartufo, risotto con tuorlo d’uovo e grattata generosa sempre di tartufo bianco, fino al soffice di cioccolato e castagne in salsa al caramello: in Langa le gambe del cicloturista si riprendono in fretta dai ricami della collina.
Eccoci pronti allora il mattino dopo, per un tour che è un viaggio nel tempo e nello spazio guidati da Bruno Angeli che adatta l’andatura al racconto, da Diano si scivola fino ai contrafforti del Castello di Grinzane, poi si risale verso Monforte d’Alba per una prima pausa caffè, si pedala lambendo Castiglione Falletto, Uccellaccio, Bussia, ci si stupisce a scoprire rocche e borghi che abbiamo attraversato pedalando non più di mezz’ora fa, che d’improvviso ci appaiono sul crinale di fronte, come se in un attimo in due tornanti, si passi da un piccolo mondo all’altro. Capisci come i feudatari medievali si controllavano in un’occhiata, vicini e rivali, ciascuno in cima dalla propria collina a “spiare” su quella del dirimpettaio. Poco oltre lo sguardo, c’è il Roero, dall’altra riva del Tanaro, spiega Bruno, terra confinante alle Langhe ma diversa con una sua identità più selvaggia che chiama a nuove pedalate.
Oggi il nostro giro ci porta a Barolo, sormontato dal Castello che oggi ospita il museo del Vino e una storia che affonda le radici ancora più in là del Medioevo. Un panino e via.
«Ve la sentite di affrontare la salita a La Morra». Certo! Pian pianino, che non siamo mica Pantani, si sale sale sale, con le Alpi Liguri da un parte, e il Monte Rosa lì lì in fondo dall’altra. La fatica, inutile mentir c’è, ma è ricompensata. La piazza principale di La Morra è un belvedere naturale su tutte le Langhe da togliere il fiato.
E appena lo si ritrova, si schivano i turisti tra le viuzze del paese e si segue Bruno che sceglie l’itinerario più dolce per tornare verso Diano, accarezzando altri filari, sfiorando paesi come Roddino, perdendosi nelle confidenze di Bruno: «Questa è la strada che prediligo anche quando vengo a pedalar da solo». Salita dopo discesa, curva dopo falso piano, chiacchiera dopo sorriso, scorrono quasi 4 ore, circa 65 km e oltre 1200 metri di dislivello.
Prodigio delle Langhe.
Reportage di Betta Carbone