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PRIMO GIORNO
Ci troviamo a Mendrisio in un’alba umida di fine settembre, il cielo gonfio di nuvoloni scuri, l’aria che profuma già d’acqua, in una parola: pioverà. Il viaggio è organizzato per mostrarci la Svizzera in tutta la sua bellezza, la natura, l’arte, i sapori, la storia, muovendoci all’insegna della mobilità integrata, senz’auto quindi, ma bici, treno e battello partendo proprio da qui. E dopo aver visitato il mendrisiotto e i suoi vigneti risaliremo per raggiungere il cuore della Confederazione, arrivando dove tutto ha avuto inizio, il villaggio del leggendario Guglielmo Tell. Montiamo in sella a delle BMC nuove fiammanti, modello Alpenchallenge, di cui non conoscevo l’esistenza, ed è una bella scoperta: pur non essendo da corsa, queste bici sono altamente tecnologiche, leggerissime, hanno rapporti molto morbidi, forcelle in carbonio e, nei modelli che li montano, parafanghi di ultima generazione. Esteticamente sono eleganti e minimal, in tinta unita ma in tanti colori molto accesi, senza nessun segno grafico. Beh, cosa ti aspettavi da una BMC direte voi? A me ne capita una molto sobria, nero satinato, senza parafanghi (ognuno di noi ha un modello e un colore diverso).
La partenza
Percorrendo il piano del Laveggio alzo lo sguardo e mi sembra di essere in Irlanda, dove “grigio” e “nuvole” sono parole ricche di significati e sfumature. Le nuvole non stanno ferme un secondo, e il grigio cambia come il colore degli occhi di un gatto, a seconda della luce che filtra, se il cielo incontra l’acqua, o quando il verde dei boschi diventa così fitto e alto che sembra volerlo toccare.
Qui le piste ciclabili sono infestanti, si snodano di fianco alle strade a percorrenza veloce, tagliano borghi, costeggiano fiumi e laghi. Proliferano nei boschi appena fuori dalla città, si nascondono tra i capannoni delle fabbriche in periferia, sbucano da un sottopassaggio. Come piante rampicanti, germogliano un po’ dappertutto, insinuandosi ovunque ci sia bisogno di sicurezza stradale ed è rassicurante sapere che non ci lasciano mai da soli ad affrontare il traffico. Di ciclabile in ciclabile arriviamo a Capolago, la stazione da cui parte il trenino che porta al Monte Generoso, una sfida per le gambe di tutti i ciclisti, ma non quella di oggi. Oggi si pedala in pianura.
Proseguiamo verso Riva San Vitale, un grazioso villaggio di origine romana, sul lago di Lugano ricco di vestigia del passato, di storia e monumenti.
Il mendrisiotto è riservato e pudico, custodisce i suoi tesori nascondendoli dietro all’architettura bottiana che qui trionfa incontrastata. Non li concede al primo sguardo distratto, li svela solo a chi se li va davvero a cercare, arrampicandosi nelle frazioni, curiosando nelle corti, frugando dietro a questi palazzi bianchi tutti così uguali, pragmatici e funzionali. Ecco il battistero paleocristiano di San Giovanni che fa capolino e poi, di nuovo, improvvisamente appare la chiesa di Santa Croce e così via.
L’aria intanto si è scaldata e, in barba alle previsioni meteo che qui sono come gli orologi, svizzere e non sbagliano mai, anche il cielo sembra essersi rabbonito e ora quasi ci sorride, rischiarandosi.
Proseguiamo il nostro giro, tra i vigneti, che in questa regione occupano quasi tutto il territorio per produrre il famoso merlot. Ci perdiamo nei prati, attraversiamo piccoli paesi, facciamo tappa a San Pietro, sede di un’icona degli appassionati del pedale: la fabbrica della Assos, la cui famosa e inconfondibile A è stampata sui “fondelli” della quasi totalità dei partecipanti a questo giro. Passiamo da Genestrerio ad ammirare dal vivo la famosa casa di Botta, e poi via, ci inoltriamo in una campagna aperta e selvaggia, boschi che sembrano foreste anche quando poco lontano ruggiscono i motori sulla superstrada, con minuscoli ponti di legno o pietra sospesi su ruscelli, fino ad incontrare sua maestà il Ticino, che lento e sornione si fa largo tra gli alberi.
Svizzera in bici
Il momento è magico, perfino il sole non se l’è sentita di perdersi un simile spettacolo e si fa intravedere tra le nuvole cangianti e i rami ancora carichi di foglie verdi. Torniamo così, pedalando veloci su pianure interrotte solo a tratti da salite cortissime, ma ripidissime, di quelle che come per magia trasformano le gambe in colonne di marmo, verso Mendrisio, dove ci aspetta il meritato pranzo. Con un ultimo sforzo ci dirigiamo verso la via dei grotti. I grotti sono antiche costruzioni rustiche molto fresche, che si trovano principalmente fuori dai grandi centri urbani e in passato fungevano da ghiacciaie. Ora sono locali aperti al pubblico dove si possono gustare piatti e bevande tipici della tradizione e del territorio. Il nostro è decisamente il più bello, l’Antico Grotto Ticino. Molto caratteristico, ma con una certa eleganza, così come il cibo, che oltre ad essere buonissimo e molto tipico è sicuramente più raffinato di quello che mi aspettavo.
Ed è qui che scatta il riflesso pavloviano. Infatti, nonostante il giro breve e pianeggiante per il mio cervello “ho pedalato” e tanto è bastato a farmi venire fame come dopo 120 chilometri e 2.000 metri di dislivello. Il pranzo era davvero squisito e molto abbondante. Tutto fatto da loro, a partire dagli antipasti, la “salumeria”, un misto di affettati locali e formaggi, e paté di fegato di coniglio su crostini di pane caldo e croccante, per finire al piatto forte, sella di capriolo con polenta. Tutto naturalmente innaffiato da ottimo merlot e come happy end, la loro iconica, torta di pane.
Vincendo la pigrizia post-prandiale compiamo un ultimo sforzo per raggiungere la stazione e salire sul treno che ci porterà a Locarno. Una decalcomania a forma di bicicletta quasi a grandezza naturale sulla porta del vagone ci dice chiaramente che siamo davanti a una forma evoluta di mobilità integrata. In Svizzera infatti, come le piste ciclabili infestanti dimostrano, la bici è la benvenuta un po’ dappertutto. Una sensazione ben strana venendo dall’Italia.
Arriviamo in un batter d’occhio o forse è stata la pennichella a farmelo credere, non so. Locarno è bellissima nella luce del tramonto, elegante e morbida, con un allure mediterranea, ancora un po’ italiana.
Svizzera in bici
Passeggiamo lentamente lungo la Piazza Grande famosa per il Festival del Cinema e ci spingiamo fino ad ammirare il Castello Visconteo che illuminato sapientemente è davvero molto suggestivo mentre la luce cede lentamente spazio alla notte. Il ristorante che ci accoglie per cena è una specie di ossimoro, si chiama Ristorante Svizzero, ma il menù (buonissimo), è assolutamente italiano, pizza, pasta fresca fatta in casa, risotto.
Domani ci aspettano un sacco di cose da fare e da vedere, andiamo a letto presto, anche questo è molto svizzero, no?