Se andiamo a sfogliare gli appunti del Giro d’Italia degli anni precedenti non troviamo un’edizione appassionante come quella del 2016. Non basta cercare negli appunti sul computer, occorre andare indietro, ai notes di carta, quando non si parlava di watt ma di lavagne col gesso per informare i corridori di distacchi e posizioni. E ritroveremmo ancora il Giro d’Italia 2016. Perché al di là della tecnologia (tanta!) che fa parte del ciclismo moderno, questa edizione è stata la vittoria della tattica e dell’uomo. E una vetrina di forza di volontà da far impallidire chi pensa al ciclismo come al risultato solo di fattori misurabili.
È stato il Giro dei velocisti e degli scalatori, dei campioni e delle promesse e delle sorprese. E quando tutto sembrava avviato verso la fine, si è riscritto tutto di nuovo. Potenza delle Alpi e della salita che porta via le gambe e i sogni e li regala a chi osa e non molla. E sì che a un certo punto si era parlato anche del ritiro di Nibali. Se non vinci che ci stai a fare in corsa, aveva osato qualcuno.
“Sono già umiliato per i distacchi che prendo, non fatemene aggiungere ancora di umiliazione” aveva risposto il campione. Che ha reagito con rabbia e determinazione e al momento giusto ha saputo mantenere il sangue freddo. Mentre gli altri sprofondavano la ha azzardato e azzannato e non ha mollato più. Fortuna per le disgrazie altrui? Il campione la fortuna sa cercarsela. Perché non si arrende mai.
Correndo dall’Olanda, passando per il sud Italia e poi di nuovo su, per arrivare a Torino, il Giro d’Italia ha raccontato storie da bagnare gli occhi e da urlare.
Ne abbiamo raccontate tante in questo mese di corse. Scoprendo anche i paesaggi spettacolari dell’Italia che ci piace di più: quella attraversata dalle biciclette.
E se volete saperne di più leggete qui. L’articolo finale (cliccare) di Cyclinside. Oppure tutta l’avventura nei giorni del racconto (cliccare qui).