Non voglio cambiare pianeta: Jovanotti e il Sudamerica in bici

Non voglio cambiare pianeta!

Che cos’hanno in comune un lama con occhiali da ciclista, una serie di video home made che ancora sanno di polvere e chilometri, per la precisione 4000, l’amore per la terra e tanta musica? Semplice, sono gli ingredienti di “Non voglio cambiare pianeta”, il docu-film di Jovanotti sulla sua ultima impresa cicloturistica in Sudamerica pubblicata lo scorso 24 aprile in esclusiva su Raiplay (link qui)! 

Un docu-film dal Sud America

Un gigantesco, istintivo racconto in 16 puntate della traversata in solitaria tra Cile, le Ande e l’Argentina, dove il Jova appare in una veste diversa da quella pubblica abituale. Lo vediamo infatti alle prese con distese sterminate e paesaggi mozzafiato, munito di un altro strumento rispetto a chitarra o batteria, ma ugualmente dotato di un suo ritmo: una bicicletta carica di bagagli.  

Il ritmo della musica e quello della pedalata

“La bicicletta è un mezzo perfetto, perché essendo un po’ scoordinato, mi riesce a dare il ritmo.” (Jovanotti)

E chi col ritmo ci ha sempre lavorato, al punto da diventare uno degli artisti musicali italiani più amati degli ultimi trent’anni, non può che parlare con cognizione di causa! La bici è movimento, rotondità, cadenza e karma. Il viaggio in bici, una cura, una forma di meditazione, una fuga dal caos alla ricerca della pace interiore. 

“La bicicletta riesce a mettere ordine ai miei movimenti: la testa va insieme al ritmo, va insieme a una musica interiore […] la bicicletta è una meraviglia, una compagna perfetta e forma di meditazione” (Jovanotti)

Dalla solitudine del viaggio a quella della quarantena

Jovanotti si era preso infatti due mesi sabbatici dai bagni di folla dell’ultimo tour, per cercare quell’isolamento che solo un viaggio in bici in solitaria può dare, e al suo ritorno si è ritrovato in una forma di isolamento, quella imposta dal lockdown per l’emergenza Covid-19. Il passaggio dalla solitudine volontaria, fatta di vastità e distanze sconfinate, a quella forzata all’interno di quattro mura è stato ironico e significativo. Ma al tempo stesso, dice Lorenzo, anche una spinta per riordinare le ore di girato amatoriale riprese con una Go Pro montata sul casco o poggiata sull’asfalto, in cui lo vediamo saltare, urlare o cantare di felicità nel deserto di Atacama, con quella semplicità e immediatezza istintiva propria delle sue canzoni. 

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Un ciclista “vero”!

“Un viaggio in bici riduce tutto all’essenziale: devi soltanto pedalare, dormire e mangiare”. (Jovanotti)

Piaccia o no, Jovanotti è semplice, senza filtri, diretto. E quello che vediamo nello schermo in “Non voglio cambiare pianeta!” non è la figura disinvolta di un cantante abituato ai riflettori e allo show, ma la figura piegata dalla fatica e dal sudore di un viaggiatore con una certa esperienza

Sì, perché Jovanotti non è nuovo a questo genere di imprese: già nel 2017 aveva pubblicato un altro reportage dalla Nuova Zelanda. In quel caso i chilometri percorsi erano stati 3.000, e i giorni di viaggio una ventina. Distanze lunghe, con medie di 150 km al giorno, notti in tenda e bagagli sul portapacchi. Anche se nelle sue interviste Jova ci tiene a precisare che non è un certo un professionista, ma un vagabondo a pedali per il Sudamerica, che si accontenta di velocità moderate e non bada al peso che si deve portare dietro.

Jovanotti e la bici, un amore di vecchia data

La passione di Lorenzo per la bici non è certo un amore recente. Al contrario, come lui stesso ha dichiarato, si tratta di un colpo di fulmine più antico di quello per la musica. Fin dai tempi della scuola, infatti, aveva l’abitudine di seguire le tappe del Giro d’Italia insieme al babbo, grande appassionato di ciclismo sportivo, e di pedalare per una Roma decisamente diversa, quella in cui “potevi usare la bici per i giri attorno al palazzo, nel quartiere”. In seguito Lorenzo si è “fatto la gamba” sui saliscendi toscani, quelli epici delle strade bianche, e ha stretto amicizia anche con vari campioni come Marco Pantani, di cui conserva alcune maglie e bandane che gli furono regalate a suo tempo.

Ma, come già rimarcato, Jova sottolinea che il suo tipo di pedalata è radicalmente diverso da quello dei campioni. La sua bici, che ha chiamato Hippogriff, è più robusta che leggera, tutta d’acciaio, spartana e facilmente riparabile: coi bagagli arriva a pesare 40kg, ed è stata assemblata su misura per un viaggio del genere.

(foto tratte dalla pagina fb https://www.facebook.com/lorenzo.jovanotti.cherubini/ )

Claudio Mancini: Cicloturista per vocazione, ciclista urbano per necessità, sono felice del fatto che dove finiscano le mie zampe inizi sempre un paio di pedali. In sella a bici scassate ho attraversato l'Europa e valicato passi montani, e finora sono sempre tornato a casa. Mi piace scoprire in modo grottesco e poetico i posti che attraverso, dall'alto dei 20 km orari. Adoro il cibo locale e l'aggettivo "casareccio", le strade provinciali e i passaggi a livello. Scrivo diari di viaggio per ricordarmi per quali luoghi sono passato (www.abbondantiedozzinali.it).