Dopo l’intervista a Pierre Cesaratto spinare il branzino non dà lo stesso piacere di sempre, e viene voglia di aprire il garage, dare una spolverata alla bicicletta, semplicemente partire. Lui a 22 anni, studente di Scienze motorie a Gemona del Friuli, ha deciso di dare un taglio netto alle proteine animali, abbracciando il veganismo. E muoversi in bicicletta ogni giorno. Dai piccoli spostamenti quotidiani alle grandi imprese ciclistiche di cui è protagonista, le calorie le assume da cereali, frutta e verdura. Ormai da più di tre anni, senza confini.
Quasi un’eresia per chi cresce nella terra del San Daniele e del frico. Eppure è una visione lucida, ben sintetizzata nella sua pagina Facebook, tra i commenti alle sue innumerevoli fotografie di paesaggi. «Al mondo ci sono almeno 7 miliardi di religioni diverse. Una di queste afferma che si può essere vegani e fare beatamente il giro del mondo in bicicletta», scrive chi lo segue nei social network.
Pierre ha capito che per un onnivoro non c’è niente di peggio del fondamentalista vegano che lo addita come assassino di animali. Come parlare di inquinamento o di mobilità sostenibile a un amante della comodità dell’auto è un vacuo esercizio di stile. Ha quindi imparato a proporre la sua filosofia con due elementi fondamentali: il garbo e l’esempio. «La mia scelta è nata per motivi salutistici. Tanti amici vegetariani e vegani mi hanno instillato il dubbio, e ho provato». Poi la sua riflessione ha abbracciato anche l’etica. «Una volta non c’era la possibilità di nutrirsi in modo vegano. Ora però le cose sono cambiate. Quel che viene venduto come necessario per la salute è veramente necessario? Perché usare una dieta legata allo sfruttamento intensivo di risorse quando è finalmente possibile mangiare senza provocare sofferenze?». Dalle parole di Pierre trapela un profondo rispetto per la natura e i suoi ritmi. «Coltivo 16 tipi di piante. Un’attività che dà valore a quel che si mangia e per capire il ciclo della terra».
Con i suoi viaggi per il mondo Cesaratto porta in giro questo messaggio di ecosostenibilità, unito ai benefici dello sport, della sua bicicletta, come pratica di libertà e benessere. Nel frattempo diventa lui stesso “cavia” del suo progetto di ricerca, perché nella sua tesi di laurea presenterà i dati sulle performance sportive dei vegani.
Tra le tabelle di sicuro ci saranno i percorsi fatti e quelli che sta preparando. Nel 2013 ha girato mezza Europa. Ha percorso le strade di 15 Paesi del Vecchio Continente in tre mesi di viaggio. Lubiana, Zagabria, Budapest, Bratislava, Vienna, Praga, Berlino, Amsterdam, Liegi, Lussemburgo, Parigi, Andorra, Barcellona, Marsiglia, Nizza, Genova, Milano, Verona, Padova e ritorno. Un tour partito da Gorizia che l’ha condotto tra le bellezze dell’Europa occidentale per 6000 chilometri, con un motto che si legge nel suo blog personale: «Viaggio per non diventare cieco».
«La voglia di partire cresce a ogni viaggio», racconta Pierre. Nel 2014 è stata la volta della penisola indiana. Jaipur, Agra, Dehli. Otto ore sui pedali in solitaria, tra i 120 e 150 chilometri al giorno, per poi trovare ospitalità nelle caserme di polizia, bar, o nei templi dei monaci. Tra elefanti, vacche sacre e risaie, l’India deve sembrare il paradiso per un vegano. «È stato facile. – ammette – . L’alimentazione lì è molto ricca di cereali. Il mio piatto preferito era il chana masala, a base di ceci, pomodoro e riso basmati».
L’ultima impresa, in preparazione del prossimo grande viaggio dell’estate 2015 – probabilmente negli States -, è la pedalata nostrana da Roma a Catania dell’aprile scorso. Un’occasione per fare il punto sui servizi offerti al cicloturismo in Italia: «In un Paese dove il ciclismo è tra gli sport nazionali sarebbe auspicabile che Trenitalia offrisse un servizio che funziona per chi usa la bicicletta. Invece, se vuoi portare la bici nei treni veloci, devi smontarla e metterla in una sacca. Un disagio per chi già viaggia con diverse borse come i ciclisti. Per tornare da Catania a Cividale ho quindi optato per i regionali: due giorni, 24 ore di treno e 10 cambi. Non certo un servizio performante».
Silvia Ricciardi
Foto di Pierre Cesaratto ed Elisa Moro