L’anello dei Colli Euganei, prima parte.
Tutti i colori dell’autunno in una manciata di chilometri. Alle spalle Padova, la città del Santo, in direzione sud-ovest, verso il parco regionale dei Colli Euganei. È il primo tratto della ciclovia ad anello che ruota attorno ai declivi patavini.
Appena una quindicina di chilometri, adatti alle famiglie, tappa obbligata per i viaggiatori navigati che puntano alle sommità di queste terre sinuose, nel cuore della pianura padana.
Una gita fuori porta accessibile e molto frequentata dai viaggiatori slow, per un tragitto ben segnalato e senza troppe complicazioni.
La partenza è dove nasce il canale Battaglia, che dalle acque del fiume Bacchiglione si snoda per congiungere Padova a Monselice ed Este. La pista ciclabile segue il corso dell’antica via navigabile. La bicicletta è una macchina del tempo che riporta a un Veneto lontano: una civiltà delle acque dolci dove le merci scivolavano lente sulle imbarcazioni da carico, i burchi, per raggiungere Padova e Venezia attraverso una capillare rete di navigazione. Quando ferrovie e autostrade erano un miraggio di qui passavano i materiali per costruire la grande bellezza delle città venete. Dalle mura di Padova ai lastricati di piazza San Marco, i blocchi di trachite euganea hanno seguito proprio questo corso.
Ora, lungo la ciclabile, accanto allo scorrere delle acque resta la terra che respira lenta. Sono gli ultimi slanci di colore di una stagione che non c’è più. All’orizzonte i colli, a presidio di questa terra silenziosa e piana dalle tinte incantate. Sulle sponde del canale due mondi che dialogano: a destra la campagna ordinata, fuori dal tempo, e i paesaggi mozzafiato. Dall’altro lato asfalto e capannoni industriali, grande distribuzione e la velocità del Nord-Est che produce.
Il ritmo non lo danno i saliscendi, ma i colori di un caleidoscopio naturale.
Lì incagliata tra gli appezzamenti c’è villa Dondi dall’Orologio Sgaravatti, uno dei tanti gioielli sommersi d’Italia. Abbandonata al suo destino, dal suo scheletro si leggono i segni di un’epoca florida. Sulla sua torre panoramica solo un piccione. E in lontananza i grandi alberghi termali, sosta di molti cicloturisti che bazzicano per questi luoghi. Basta svoltare a destra in uno dei tanti crocevia per raggiungere Abano o Montegrotto Terme e i loro centri benessere dalle virtù terapeutiche note nel mondo.
I colli sono sempre più vicini. Da qui la vegetazione li copre come lana di pecora. Hanno forme dolci, mai spigolose, vengono incontro con un abbraccio materno. A costeggiare la ciclabile tra i tralci a perdita d’occhio i grappoli si abbandonano pigri. Diverse le aziende agricole sulla strada, pronte alla vendemmia.
Ma oltre alle bellezze del paesaggio questo tragitto è ricco di opere architettoniche eccellenti. A cominciare da villa Molin. Le belle colonne ioniche, ideate dall’architetto Vincenzo Scamozzi nel 1597 su committenza dell’ambasciatore veneziano Nicolò Molin, da cinque secoli si affacciano sulle acque del canale Battaglia.
Quando si raggiunge il Catajo non si può proprio continuare a pedalare.
Questo edificio da sogno, affascinante combinazione tra il castello militare e la villa veneta, è il punto d’accesso naturale al parco regionale dei Colli Euganei, 18 mila ettari di bellezza tra boschi di castagno, querce e macchia mediterranea.
A volerlo una famiglia francese di capitani di ventura, gli Obizzi, il cui albero genealogico è parte degli splendidi affreschi interni. Sono le statue di Charitas e Hospitalitas ad accogliere il visitatore. Dal cortile dei Giganti, salendo le particolari scalinate esterne – costruite per farvi accedere agevolmente i cavalli più che le persone -, si apre quest’angolo incantato dove si respira Storia ad ogni passo. Poi la terrazza e i giardini, un museo naturale a cielo aperto.
A poche pedalate Battaglia Terme, dove i più curiosi potranno visitare il museo della navigazione fluviale, per un tuffo nel passato tra burchi, argani e timoni.
Monselice ed Este: le città murate
Lasciando alle spalle il canale Battaglia il percorso continua lungo il canale Bisatto, nato per dividere più che per unire. Furono infatti i vicentini nel 1143, in guerra con Padova, a scavarlo per togliere l’acqua del Bacchiglione ai mulini della città rivale, rea di non aver concesso a Vicenza un proprio sbocco al mare.
Alla volta delle città murate – Monselice ed Este – si incontra villa Selvatico Sartori, alla sommità del colle di Sant’Elena. A progettare il suo giardino all’inglese è stato l’architetto Giuseppe Japelli, lo stesso del Caffè Pedrocchi, lo storico “caffè senza porte” di Padova. Poco lontana villa Emo Capodilista, che al nitido stile palladiano affianca invece un romantico giardino all’italiana.
Siamo nella Bassa Padovana, terra di ville venete e fortificazioni, rocche e torri medievali. Proprio alla torre civica di piazza Mazzini si accede entrando a Monselice. Un tuffo nel XIII secolo, per proseguire verso il Castello e la via delle sette Chiese, sul monte della Rocca.
A dividere Monselice da Este, seconda tappa murata della ciclovia dei Colli, sono 7 chilometri appena, in direzione sud-ovest. Il panorama cambia. L’orizzonte è interrotto dal punto più alto del parco regionale, il Monte Venda, con i suoi 600 metri di altezza.
Si pedala verso le imponenti mura del castello incantato di Este, che val bene una sosta. Artefice dell’imponente costruzione fu Ubertino da Carrara a metà del XIV secolo. Dodici torresini merlati puntellano il perimetro della fortificazione, mentre la torre principale, il mastio, si appoggia sul colle a presidio dell’intera cittadina.
Altro colle altra corsa, e ancora spazio alle fortificazioni della Padova medievale. Ora tocca al monte di Lozzo. Alle sue pendici il castello di Valbona, che i Carraresi fecero perno difensivo perché ai confini tra Padova, Vicenza e Verona. Perso il ponte levatoio in qualche meandro della sua storia, al castello resta una torre maestra alta 22 metri, le sei torri minori e i cortili interni. E la sua posizione strategica, in una terra che preserva il suo fascino antico.
Fine prima parte (30 km)
Silvia Ricciardi