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C’è chi salta in sella e va, con fatalismo, senza tanto preoccuparsi per la giornata in bicicletta, che sia in ambito urbano “da A verso B” o per un’uscita in MTB o corsa. Chi parte per il primo viaggio in bici senza sapere nulla – o quasi – di meccanica e chi invece sa tutto, fino all’ultimo cuscinetto a sfera del mozzo. C’è il mago delle emergenze, quello che ti porta a casa in qualsiasi situazione: se sei nel nulla con la MTB e il gonfia e ripara non va, se hai finito le camere d’aria o anche il tube-less è andato, sa come riempire tutto con … erba secca raccolta intorno e almeno torni alla base. Idem con il forcellino rotto. E poi c’è l’ultra tecnico, con il kit anti pioggia super leggero ma in grado di farti stare asciutto anche sotto “millemila” colonne d’acqua. Come per tutta l’umanità, anche il mondo bici è variegato. Ecco un po’ di consigli per andare in bici oltre la paura.
1. Paura degli altri e sicurezza
“Non uso la bicicletta perché ho paura delle macchine”. Quante volte sarà capitato di sentire questo commento da parte di qualche amico. E in effetti – si sa – quello del pedalare in ambito urbano è un tema quantomeno caldo. Sì, è vero che le nostre strade sono piene di automobili – o meglio, di automobilisti – e che sembra non ci sia spazio per bici e, nuovi arrivati, i monopattini. Il che non vuol dire che non si possa scegliere la bici per spostamenti in città, ci mancherebbe.
Un primo consiglio è quello di inventare nuove vie: pensare a tragitti alternativi, diversi da quelli che si percorrerebbero in macchina. Magari fare qualche giro di perlustrazione prima, controllare su una cartina, verificare anche con app specifiche o con la funzione bici di Google map, di recente attivazione.
Si scoprirà che in bicicletta ci sono alternative super valide e che quello che sembrava impossibile, invece, è alla portata di tutti. Capiterà, per forza di cose, di dover comunque utilizzare strade trafficate: per queste il consiglio è affidarsi al vecchio adagio del “prevenire è meglio che curare”. E cioè imparare a prevenire situazioni di pericolo. Sia inteso: il pericolo è rappresentato dagli automobilisti, loro devono imparare a rapportarsi con le “utenze deboli”. Perché in sella ad una bici, su un monopattino, ci sono persone, prima di tutto. Ma poiché spesso non è così, ci si ingegna. Si può imparare, per esempio di sera, anche a valutare le intenzioni dell’automobilista che ci segue anche dal fascio dei fari, per capirne gli spostamenti. Sembra fantascienza, ma ci si ingegna.
E’ importante, poi, stabilire sempre quello che in inglese viene definito “eye contact”: in altre parole, un contatto visivo. Anche qui, sembra una cosa difficile ma non lo è: peraltro obbliga l’automobilista ad aumentare l’attenzione ed è un modo per capire – e far capire – le reciproche intenzioni. Stessa cosa per quanto riguarda la segnalazione della svolta a destra o a sinistra indicando con il braccio: meglio “abbondare” vale a dirlo farlo con convinzione ed indicando anche in modo che può apparire palese o esagerato. Spesso gli automobilisti non si aspettano questo gesto che può evitare, ad esempio, un sorpasso azzardato o, peggio, che venga tagliata la strada. E’ un modo per chiamare – reclamare – l’attenzione, insomma. E peraltro, è il Codice della strada che chiede a chi va in bici di indicare la svolta, quindi: non si sta facendo nulla di strambo e non c’è ragione di ritenersi inadeguati. Last but not least: pedalando in una strada con la fila di macchine parcheggiate alla nostra destra o sinistra, non è male avere il coraggio di reclamare la propria posizione, non del tutto attaccati alle lamiere, con il rischio della maledetta “sportellata”.
2. Paura che la bici si rompa
Il consiglio, poi, è di tenere la bici sempre in buono stato e con le dotazioni richieste: non per fanatismo, ma per evitare, ad esempio, in caso anche di piccolo incidente, di essere multati perché alla bici manca il campanello (e succede, eh). Per non dargliela vinta, insomma.
Va da sé poi che freni in buono stato permettono di fermarsi per tempo, che ruote in buone condizioni evitano che copertoni consumati facciano saltare la camera d’aria, che il cambio controllato di volta in volta non ci abbandoni in mezzo alla strada. Da ricordare che anche una normale city-bike richiede una giusta manutenzione, un minimo per non rimanere a piedi, ecco. Per la sera da non dimenticare le luci, per vedere e per farsi vedere: anche qui, è il Codice della strada che che lo chiede. E, come per il campanello, in caso di coinvolgimento in beghe legali, è meglio non essere dalla parte del torto. Da ricordare che in caso di passaggio in gallerie e in strade extraurbane è richiesto anche il giubbotto rifrangente, o le bretelle; sempre, come per le luci, da mezz’ora dopo il tramonto fino a mezz’ora prima dell’alba.
3. Paura di non avere gli strumenti giusti
Chi va in bici da corsa, lo sa. E’ bene avere un kit minimo – che trova posto ad esempio nel porta attrezzi alloggiato nel porta borraccia – che comprende: leve cacciagomme, camera d’aria di scorta, una mini pompa, meglio se ad alta pressione, in grado di raggiungere le atmosfere richieste (sono stampate sul lato del copertone), un mini multi-tool con tanto di smaglia catena. E di solito al tubo sella c’è il gonfia e ripara. Per la MTB alla dotazione si aggiunge la cartuccia Co2.
Anche per la bici in città sarebbe bene avere, almeno, un gonfia e ripara sempre con sé: la foratura è sempre in agguato e così, almeno, si ha modo di continuare a pedalare. Saper cambiare una camera d’aria, in fin dei conti, è facile e dovrebbe essere nelle capacità di ogni buon ciclista anche urbano. Bene dunque avere anche le leve e una camera di ricambio. Andando oltre, poi, un buon investimento è quello di dash-cam da montare sulla bici, per avere testimonianze video in caso di necessità. Una soluzione, questa, adottata sempre più anche da chi va in bici da corsa.
4. Paura di non farcela e di non essere preparati
(Non) ci vuole un fisico bestiale. Chi va in bici con tutte le condizioni climatiche lo sa: il segreto è sempre e solo uno, cioè vestirsi “a cipolla”. Avendo cioè la possibilità di coprirsi o scoprirsi in base al clima che c’è. La resistenza al caldo o al freddo è ovviamente soggettiva, ma di base è importante avere delle dotazioni che sfruttano l’abbigliamento tecnico, non per forza da “tutinati”. Ci sono valide alternative in stile urban.
Alcuni consigli di base, per il freddo: estremità coperte al meglio, quindi guanti e buone scarpe, in grado di reggere appunto il freddo e scrosci d’acqua. Con il caldo è più facile. In entrambi i casi è vene avere almeno una maglietta (intima, anche qui la cosa è soggettiva) di ricambio, per non rimanere a contatto con il sudore (ebbene sì, anche con il freddo e il fresco si suda). Poi, certo, dipende anche dalla lunghezza del percorso e dal tipo di abbigliamento richiesto sul posto di lavoro. Anche in questo caso, come per la realizzazione del percorso migliore, è bene fare delle prove prima.
Discorso a parte per la pioggia: ci sono kit urbani anti acqua davvero ben fatti, o la scelta può essere quella di avere sempre a disposizione un poncho da indossare alla bisogna. Se si utilizza il casco, un copri casco impermeabile può tornare utile anche contro il freddo. Ci sono poi copri scarpe anti pioggia pensanti per scarpe “normali” (non per forza con l’attacco, insomma). Per le gambe, pantaloni impermeabili: che siano buoni, pur dovendo spenderci di più, guardando non solo alla resistenza all’acqua ma anche e soprattutto alla traspirabilità. Un’ottima soluzione è quella di coperture per la coscia, che è poi la parte dove più batte l’acqua mentre si pedala. No assoluto all’ombrello, che peraltro costringe ad andare in bici con una mano sola. Il copri scarpe, il poncho, il copri gambe stanno tranquillamente in uno zainetto o nelle borse laterali. Per le bici senza parafango, ci sono buone soluzioni in commercio: quelli che si montano quando serve, in poche e semplici mosse. I famosi “ass savers” insomma. Per il sellino, si può risolvere con una semplice busta di plastica da tenere sotto, come si è sempre fatto. E quando si parcheggia la bici, si copre la seduta, così quando torneremo in sella sarà asciutta.
5. Paura di non divertirsi
Direte voi, messa così, che sia impossibile divertirsi. E che per andare in bici bene bisogna essere dei meccanici super preparati, capire la pressione delle ruote solo con lo sguardo, avere in fisico da Ironman, avere una posizione in sella calcolata al millimetro. No, non è affatto così. Al netto di qualche regola di base – che serve più che altro per pedalare sereni e non trovarsi ad affrontare difficoltà improvvise – è tutto molto affrontabile (sì, anche quel primo cicloviaggio al quale si pensa da tempo). Anche senza l’ultimo ritrovato hi-tech di abbigliamento. E ogni volta che si sale in sella, ricordiamo quella splendida sensazione della prima pedalata senza le rotelle: e tutto sarà magia, di nuovo e ancora, ad ogni colpo di pedale.
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