L’Eroica Montalcino 2020: bellissima, anche con la mascherina

Come tutte le Eroiche, anche quest’edizione di domenica 30 agosto, inizia di sabato. E io, arrivando in una Montalcino sbatacchiata dal vento come una persiana chiusa male, col cielo plumbeo, ma 33 gradi appiccicosi come caramello ancora liquido, e con delle previsioni per il giorno dopo da Giudizio Universale, mica lo sapevo come sarebbe andata. Ancora non sapevo che non sarebbe piovuto, che anzi ci sarebbe stato il sole e non il fango – il temutissimo fango! – che avrebbe fatto caldo ma quello perfetto per pedalare. Che ai ristori avrei mangiato come al solito parmigiano e bevuto vino, panzanella, ribollita e bevuto vino. Che avrei visto paesaggi nuovi e bellissimi, a tratti molto diversi inaspettatamente (ma come, se sono lì di fianco?!) da quelli del percorso di Gaiole. Che avrei incontrato persone nuove e bellissime, rivisto vecchi amici, dormito poco, riso tantissimo. Che per l’ennesima volta mi sarei innamorata perdutamente di questa toscana mutevole e profumata, magica e inaspettata, che t’incanta con la dolcezza dei suoi colli e ti stronca le gambe con le pendenze che nascondono, lasciandoti senza fiato in tutti i sensi.


Ancora non sapevo tutto questo, ma l’accoglienza non poteva essere migliore: al Castello di Banfi, dove ci si ritrova e si mescolano le chiacchiere all’ottimo vino. E dove imparo che Banfi non è solo Brunello – del quale assaporiamo una delle annate migliori, il 2015 – che vinifica anche in Piemonte, un ottimo prosecco, che produce un vermentino profumatissimo che porta il divertente nome di un uccellino che non smette mai di cinguettare: la Pettegola.
La giornata prosegue nel cuore pulsante dell’evento, a Montalcino, dove il distanziamento, le facce coperte come quelle di Pecos Bill, le mono-porzioni, le sanificazioni, il non potersi abbracciare ma solo darsi di gomito, non riescono a trattenere l’allegria, la gioia di ritrovarsi lì, di esserci. La musica, rigorosamente d’antan, prorompe fragorosa dagli altoparlanti “buonasera signorina buonasera…” e si porta dietro un irresistibile sentimento eroico, un’euforia che si diffonde per le stradine, rimbalza sulle case in pietra, salta sui tetti ed entra nei cuori di tutti noi. Finalmente sentiamo che la festa è cominciata (sì, anche la degustazione può aver fatto la sua parte).


E poi Giancarlo Brocci e Franco Rossi, orgogliosi come due neo genitori ci presentano la loro ultima creatura: il nuovo Percorso Permanente di Eroica Montalcino, fatto con lo stesso obiettivo di quello di Gaiole: far conoscere attraverso la bicicletta questo territorio a un tipo di turismo più rispettoso, salvaguardandone un aspetto che una volta era considerato simbolo di arretratezza e che oggi rappresenta il vero progresso: le strade bianche.
E chiacchierando, il pomeriggio se ne va senza che ce ne accorgiamo come succede tra vecchi amici, parlando di ciclismo vero, di come dovrebbe essere e non è più. Di questo trattano in modi differenti i due libri che ci presentano, Sulla Cresta dell’onda, di Giovanni Nencini, figlio del grande Gastone e Bartali l’ultimo eroico, di Giancarlo Brocci in persona. Parlano di uomini che amavano la vita, che oltre ad andare in bicicletta mangiavano e bevevano, e non come oggi, che i professionisti si sacrificano completamente in nome della performance.
E con la cena il cerchio si chiude e la magia è completa: nella suggestiva cornice dell’Ocra eleganti tavoli apparecchiati in total white ci accolgono con gli inconfondibili sapori del territorio circostante. Salumi, ribollita e cinghiale con fagioli bianchi, annaffiati di Centine per finire coi cantucci, rigorosamente senza la C.
Durante la notte piove così forte da svegliarmi (no, non sono stati il vino e il cinghiale, giuro!). Piove così tanto che alle cinque arriva il messaggio “causa maltempo partenze posticipate di un’ora”. La gioia di dormire di più combatte con la consapevolezza di dover affrontare una prova eroica sul serio. Perché se è dura con il sole, sotto la pioggia e con il fango lo è ancora di più. E man mano che il tempo passa dentro di me accorcio il percorso, in un rovinoso count down. Novanta, no settanta, facciamo quarantasei ma se piove ventisette. Alla fine mi attesto su un decoroso “Percorso del Brunello” ma solo per il nome. E invece.


E invece si parte col sole, rigorosamente alla francese, rigorosamente mascherati e distanziati. E invece non piove mai, e l’aria è pulita e tersa che si vede lontanissimo, come quando ti lavano ben bene il parabrezza. La terra è compatta, niente polvere ne fango. I quasi mille iscritti sono completamente sgranati, tanto che ci si sente pochissimi rispetto al solito ma ciò non impedisce di fare nuove conoscenze, grandi chiacchiere, risate. Il paesaggio, tra i più belli al mondo, rivela alle gambe che spingono sui rapporti eroici pendenze assai robuste e salite lunghe e dure (persino nel mite Percorso del Brunello). I ristori sono ovviamente diversi da quelli che tutti ci ricordiamo e sogniamo ininterrottamente da un anno all’altro. Niente festa, niente lunghissimi tavoli carichi di delizie ma cibi già porzionati. Io comunque mi attesto sulle mie solite medie annuali degne del Guinnes accaparrandomi non so quanti pezzi di parmigiano, panzanelle, paninetti e bicchieri di vino (ma piiiccoli!). Il Brunello (è il nome del percorso, malpensanti) mi porta in giro per questi colli che alternano quadrati di verde dalle mille sfumature ai colori della terra (di Siena of course) coltivazioni e boschi, frutta e uva, e alberi e cielo azzurro e nubi bianche e viola in un saliscendi che è sempre un po’ più sali che scendi fino ad arrivare a Castelnuovo dell’Abate, un borgo di una bellezza che giustifica (quasi) la fatica che si fa per arrivarci.

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Alla fine sono decisamente più felice che stanca. E penso che quest’anno la fatica è cominciata molto prima ed è stata tutta degli organizzatori. Perché la vera impresa, era questa: riuscire a organizzarla restando in equilibrio instabile e precario (proprio come in bici) tra il rispetto della sicurezza e lo spirito di Eroica, che incarna tutto quello che c’è di più lontano dalle norme AntiCovid. Eroica infatti è una festa, è ritrovarsi, abbracciarsi, parlare toccandosi in continuazione per gioia di rivedersi, è mangiare con le mani, a più non posso, è spingersi e tirarsi. È un assembramento naturale, è ballare ai ristori, pedalare vicini, sudando, cadere nel fango e aiutarsi a rialzarsi. Ma loro ce l’hanno fatta, e seppur sicura, è stata un’Eroica bellissima, anzi la più bella, come tutti i nuovi inizi, come le ripartenze, come le sfide vinte.

Foto by Paolo Penni Martelli

alberta schiatti: Alberta Turbolenta Schiatti, creativa sempre in sella. A volte turbo, più spesso lenta, comunque contenta del proprio equilibrio instabile. Creative and Communication Consultant @Not Combing Dolls. Previously @S&S. Cyclist. Cook. Mom.